orme piene
di Francesca Satta Flores
Personaggi:
Un Uomo e una Donna, coetanei
All’aprirsi del sipario la scena è al buio. Dopo un tempo comincia a distinguersi un debole fischiettìo: qualcuno fischia piano, in modo molto frammentario, come cercando sia il fiato che la melodia e ripetendo più volte le stesse frasi musicali incompiute.
Lentamente la scena si schiarisce, e un controluce ci consente di distinguere, assieme ad elementi scenici che suggeriscano un’ambientazione domestica, tra cui, in proscenio, un tavolo, la sagoma di un uomo accoccolato a terra, accanto ad una parete.
E’ lui che fischia, man mano con più forza, riuscendo a dare vita ad una melodia sempre più compiuta. Quando il fischio si è fatto ormai sicuro, si sentono dei rumori fuori scena, da destra.
Immediatamente il fischio cessa e l’uomo si stringe su se stesso.
Dopo un istante entra in scena, da destra, una donna ed accende la luce.
La donna è in pigiama e l’uomo, vestito con i pantaloni di una tuta da ginnastica stinta e una maglietta, scalzo, si stringe ancora di più alla parete.
Da una caviglia e dal collo pendono due catene saldamente assicurate al muro.
DONNA – Era lei?
L’uomo non risponde. La donna va a prendere un bicchiere d’acqua e la beve.
DONNA – Le ho chiesto se era lei!
L’uomo non risponde.
DONNA – Ho bisogno di dormire, lo capisce? Mi fa male lo stomaco. Ho bisogno di dormire!
La donna spegne la luce ed esce.
Dopo un tempo l’uomo ricomincia a fischiare.
Rumori fuori scena. Il fischio si interrompe.
La donna rientra in scena e accende la luce.
DONNA – Adesso basta!
L’uomo si stringe su se stesso.
DONNA – Adesso cambiamo registro una volta per tutte! Sono due notti che non mi fa dormire. Due notti di seguito!
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile.
DONNA – Basterebbe che lei la smettesse, sa? Che mi lasciasse in pace!…Ho sempre dormito benissimo io!
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile.
DONNA – Ho sempre avuto un sonno sereno, regolare…
L’uomo mormora ancora qualcosa si incomprensibile.
DONNA – (in tono definitivo) Un sonno tranquillo!
L’uomo tace.
Una pausa.
La donna gli si avvicina.
DONNA – Adesso io torno a dormire e lei non si permetta più… Ci siamo capiti?
L’uomo abbassa la testa
La donna si avvia per uscire ma sulla porta si ferma e torna indietro
DONNA – Mi faccia dormire, sia gentile. Ne ho davvero bisogno. Altrimenti domani sono nervosa ed è peggio per tutti.
La donna spegne la luce ed esce
Rimasto solo, dopo un tempo, l’uomo si muove verso la porta da cui è uscita la donna. La lunghezza della catena che porta al collo non gli consente di camminare stando in piedi, ma solo di gattonare. L’uomo vorrebbe raggiungere la porta, ma le catene lo fermano molto prima. Allora cerca di reagire: tira le catene una, due, tre volte, cercando di spingersi più lontano, emettendo dei lamenti angosciosi. Poi crolla, esausto. Rimane immobile per un tempo.
Quindi comincia a gridare a squarciagola.
Subito la donna si precipita in scena, senza accendere la luce, con un cuscino in mano, mentre l’uomo continua a gridare.
DONNA – Zitto! Zitto! Zitto! La sentiranno tutti così!
La donna cerca di tappargli la bocca con il cuscino, l’uomo continua a gridare, ma si difende debolmente, impacciato dalle catene.
Si sviluppa una breve lotta, mentre la donna ripete
DONNA – Basta! Basta! Basta!
Finalmente lui si arrende e la donna riesce a zittirlo con il cuscino.
Sono entrambi esausti
DONNA –… Basta…basta…basta…
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile
DONNA – Basta…
UOMO – (forte) Tanto non sente nessuno!
DONNA – (accendendo la luce) Non ricominci! Non si permetta di ricominciare!
La donna prende un bastone e lo usa per spingere l’uomo in direzione del muro, tenendolo a distanza.
DONNA – Vede che avevo ragione? Mi costringerà a tenerle sempre il bavaglio, almeno di notte!… Se lei parlasse come una persona normale…E invece no: o sta zitto per mesi o urla, fischia, dice cose incomprensibili, mi ossessiona con le sue storie…
L’uomo tace
DONNA – Sono stanca. Non lo dico per spaventarla, sa. Dobbiamo trovare una soluzione, un accordo. Non ce la faccio più.
L’uomo si accoccola contro il muro.
La donna si allontana e va sul lato opposto della scena. Con movimenti lenti e con un rituale meticoloso carica di caffè una caffettiera.
Una pausa
DONNA – …Un modo che mi consenta di andare avanti, che renda possibile…
La donna si interrompe e si gira a guardare l’uomo
DONNA – Ma mi ascolta? Guardi che non sto scherzando: non ce la faccio più, davvero. La cosa riguarda anche lei.
L’uomo tace
DONNA – Possibile che non abbia niente da dire?
Una piccola pausa
UOMO – (inizialmente piano)….La scoperta fu assolutamente straordinaria e del tutto inaspettata: nessuno aveva mai immaginato o osato sperare che si potesse trovare qualcosa di simile…
DONNA – Ma lo fa apposta?! Cosa me ne faccio delle sue storie sull’origine della specie?! Basta! Io ho bisogno di risposte!…
UOMO – (continuando) …Ed è raro trovare qualcosa che non si cercava, semplicemente perché nessuno pensava che potesse esistere!
DONNA – Un’altra notte così!…Sembra proprio che non gliene importi niente!…
UOMO – (Continuando) …Se ne sentiva la mancanza, certo, ma nessuno osava desiderare che qualcosa di così eccezionale, di così prezioso, esistesse davvero…Qualcosa di così semplice eppure così esaustivo…
DONNA – Adesso però stia zitto. Se questo è tutto quello che ha da dire…
UOMO – (interrompendola) E’ una storia importante.
DONNA – E’ sempre la stessa storia e io sono stanca.
UOMO – Non mi fai mai arrivare alla fine.
DONNA – Quante volte ancora dovrò ripeterle di non darmi del tu?!
L’uomo abbassa lo sguardo e non risponde. La donna si avvia fuori con passo stanco.
UOMO – Voglio venire con te.
DONNA – Non abbiamo niente a che spartire io e lei.
UOMO – Fammi venire con te!
DONNA – No.
UOMO – Perché?
DONNA – E non ricominci a gridare.
UOMO – Ma io voglio venire con te!
DONNA – Lo sa benissimo perché no.
UOMO – Ma io…
DONNA – (interrompendolo) E non mi dia del tu.
La donna esce ma non spegne la luce. L’uomo rimane a guardare per un istante la porta, perplesso, poi si accoccola più comodamente che può e comincia a parlare, continuando il discorso precedente.
UOMO – …Ma per comprendere appieno l’eccezionalità della scoperta è necessario fare una breve premessa e una sintetica descrizione dell’ambiente in cui si verificò. Il regno della paleoantropologia è l’Africa. E’ qui che sono avvenuti tutti i principali ritrovamenti di fossili che ci hanno consentito di tracciare, sia pur a grandi linee, la storia dell’evoluzione umana fino alla nascita della specie alla quale l’uomo moderno appartiene: homo sapiens sapiens. La vecchia teoria per cui l’uomo discenderebbe dalla scimmia è ormai completamente superata, ma non contraddetta. Quelli che si studiano e si ricercano oggi sono antenati comuni all’uomo e alle scimmie antropoidi che possano metterci in grado di cogliere il momento in cui le due specie presero strade evolutive separate e si differenziarono tanto da dare origine ad esseri viventi imparentati ma sostanzialmente diversi.
La donna rientra in scena. E’ vestita accuratamente, con un tailleur pantalone.
DONNA – Non ne posso più di questa storia.
L’uomo le si rivolge
UOMO – Allora ti ricorderai qual è uno dei criteri in base al quale un individuo può essere identificato come inconfondibilmente appartenente alla linea evolutiva dell’uomo…
La donna mette la caffettiera sul fuoco e prepara una tazzina.
UOMO – Te lo ricordi?
DONNA – Ma si diverte ad esasperarmi?…Cosa dovrei fare secondo lei?
UOMO – Non vuoi neanche provarci?
DONNA – … Per liberare una casa infestata dalle formiche si usa la farina o il borotalco. Lo sapeva?
UOMO – Davvero non ti ricordi…
DONNA – (interrompendolo) Sono parassiti anche loro.
UOMO – Non vuoi sapere qual è uno dei criteri discriminati per…
DONNA – (interrompendolo, aspra) No, non voglio saperlo!
UOMO – (improvvisamente autorevole, duro) E fai molto male! Non ti meravigliare allora se hai mal di stomaco, non sai mai con chi parlare, compri un sacco di cose inutili e non dormi la notte!
La donna rimane un istante interdetta.
UOMO – (sempre autorevole) Dovresti farmi finire la storia. E’ la tua unica speranza.
La donna fa uno sforzo per riprendersi
DONNA – (alterata) Ma come si permette di parlarmi con questo tono?! Spero che lei si renda conto che io non posso… non posso tollerare… che lei mi manchi di rispetto così, che lei metta in burletta me e tutto quello che io…
La donna si interrompe e va a prendere la caffettiera e la tazzina
DONNA – E in ogni caso io dormirei benissimo la notte! Tutte le notti! Se soltanto lei non…
UOMO – (interrompendola, supplichevole, fragile) Ho fame. Ho fame da morire.
DONNA – (sarcastica) Ma certo, quando non mi racconta l’origine della specie mi chiede da mangiare!…
UOMO – Dammi qualcosa, ti prego! Muoio di fame!
DONNA – Non mi metta alla prova. Le assicuro che in questo momento dipende tutto da lei. Da come si comporta.
La donna versa il caffè nella tazzina, prende delle fette biscottate, un barattolo di marmellata e va a sedersi al tavolo in proscenio. Comincia a fare colazione. L’uomo la segue con lo sguardo.
DONNA – Non si dimentichi come siamo arrivati a questo. Come mi ha costretto ad arrivarci! Da quando non sapevo ancora di averla in casa e lei già mi tormentava. E quando ha cominciato ad abbattere le pareti, la notte, se lo ricorda?
L’uomo non risponde
DONNA – Ma sì, faccia pure finta di non ricordare, se preferisce. Ormai per me fa lo stesso.
UOMO – (lamentandosi) Dammi qualcosa, però: muoio di fame! Fammi annusare qualcosa!
DONNA – La smetta di dire cose assurde: annusare non può servirle a niente. Quante volte glielo dovrò spiegare ancora?
UOMO – Ma io ho troppa fame! Ho bisogno di qualcosa, davvero, altrimenti…
DONNA – (interrompendolo, ironica) Altrimenti cosa? Magari fosse così semplice! Se lei potesse morire di fame avremmo risolto tutto da molto tempo.
UOMO – Dammi qualcosa! Fammi annusare qualcosa, ti prego!
DONNA – E invece non muore. Questa è una delle poche cose di cui siamo sicuri: lei di fame non muore.
UOMO – Dammi qualcosa!
DONNA – (polemica) E cosa, eh? Se anche volessi, che cosa le piacerebbe?…Vuole il caffè?
L’uomo fa cenno di no con ribrezzo. Farà lo stesso ad ognuna delle proposte della donna, con nausea sempre maggiore.
DONNA – (con esasperazione crescente) Fette biscottate? …Marmellata?…Vuole una rivista?…Un cornetto caldo?…Una notte di sesso?…Una spremuta d’arancia?…Un pollo arrosto?…Un vestito nuovo?…Un kiwi?
L’uomo continua a fare cenno di no e si stringe sempre più in se stesso
DONNA – Le abbiamo provate tutte e lei se lo dimentica sempre! Ci mancano solo le palline di naftalina, come nei fumetti: vuole provare quelle?!
L’uomo rivolge alla donna uno sguardo interrogativo.
DONNA – (esplicativa) Quelle palline bianche che si tengono nei cassetti, sa?… (colpita, a poco a poco, da una nuova idea) Magari scopriamo che le piacciono… magari scopriamo che hanno un buon odore… magari scopriamo che…
Il suono del citofono interrompe la donna. Lei e l’uomo si guardano. Il citofono suona ancora. L’uomo fa un istintivo tentativo di muoversi, ma le catene lo bloccano. La donna va a rispondere con decisione.
DONNA – Sì?….No, non c’è!… Ho detto che non c’è! E se anche ci fosse non potrebbe uscire. No, niente affatto: non può! Deve finire di mangiare la naftalina, deve finire di…(interrompendosi) No, neppure per quello: non può!…E non tornate più!
La donna riattacca
UOMO – …Lasciami uscire con loro!
DONNA – Le avevo detto che non dovevano cercarla più!
UOMO – …Ma io voglio uscire. (con golosità) Fuori ci deve essere un’aria così profumata, così densa…
DONNA – Lei mi farà impazzire! Le ho tolto il cellulare, il computer, tutto!…Eppure continua a disubbidirmi e a comunicare, in qualche modo, con quelli là fuori che… (si interrompe e riprende, dura) Non devono più cercarla, ha capito?! Mai più!
Una pausa
UOMO – (improvvisamente forte, grave) Bisogna identificare attentamente chi è il parassita. Ricordati che io non posso morire, ma tu sì.
La donna rimane interdetta un momento, poi si riscuote
DONNA – (con una risata, ironica) Guardi che è finita, ormai! Io non ci casco più! Una volta, all’inizio, forse, mi lasciavo spaventare da lei e dai suoi deliri di morte, di sofferenza, di…
UOMO – (interrompendola di nuovo fragile) Ma perché vuoi farmi soffrire? Perché? Fammi raccontare la storia fino in fondo! Io posso soffrire tanto, fino all’inverosimile. Soffrire così tanto che…Dammi qualcosa, ti prego: fammi andare con loro!
La donna non risponde e sparecchia il tavolo con gesti bruschi.
UOMO – Perché non posso andare con loro?
DONNA – Lo sa benissimo.
UOMO – Perché non posso andare con gli altri a respirare i pollini, annusare qualcosa di buono, a sentire la musica e poi…
DONNA – (interrompendolo) E poi, eh?!… E poi? Lei se lo sarà dimenticato, o farà finta, non so, ma io me lo ricordo anche troppo bene quando non ero capace di tenerla dentro e lei usciva, andava, si scottava, rideva, piangeva, vomitava, respirava pollini e batteri, parlava con tutti in lingue incomprensibili, si sporcava, si innamorava, si perdeva… (diventando più fragile) E io, intanto, non lo so perché…era così strano, ma io…(si interrompe) E poi mi ritornava qui e voleva decidere lei quello che io…e io non capivo più nulla… lei mi confondeva così tanto che… Eppure dovevo pulirla, rivestirla, rinfrancarla, tentare di capire cosa diceva in quelle lingue assurde… (con sofferenza) Mi faceva violenza, ecco sì. Nella mia stessa casa, ogni volta. E io non potevo fare niente per impedirle di tornare. Lei mi ritrovava, sempre. Anche quando la portavo lontano. Anche quelle volte che ho cercato di sperderla nei boschi. Persino quando mi sono persa anche io. Lei ritrovava la strada, sempre. E avrebbe voluto ricominciare… ancora e ancora e ancora….
La donna si interrompe, sopraffatta dal ricordo doloroso.
L’uomo non dice niente, ma le rivolge uno sguardo sorridente, dolce.
Al vederlo la donna si riaccende di rabbia
DONNA – Adesso basta! Lei non si muove di qui! E stia molto attento a quello che fa perché io…
La donna si interrompe e si porta una mano allo stomaco, con una smorfia di dolore
DONNA –…Io sono arrivata ad un punto tale che…
Lo stomaco continua a farle male
DONNA – … Non si può andare avanti così!…Anche le tarme sono parassiti e c’è un modo infallibile per …
La donna non riesce a continuare e, con un lamento, si accascia su una sedia con le mani allo stomaco.
L’uomo la guarda e poi comincia a parlare
UOMO – …Il criterio discriminante per stabilire l’appartenenza di una specie alla linea evolutiva dell’uomo è la locomozione bipede. Quello che a tutti sembra così semplice: camminare su due zampe.
DONNA – Sia gentile, la smetta. Non vede che mi sento male?
L’uomo la guarda e poi riprende
UOMO – Eppure è proprio questo che generazioni di studiosi hanno identificato come il sottile discrimine che rende l’uomo assimilabile solo a se stesso. Stupefacente, no?
DONNA – (con un sorriso amaro) Non gliene importa niente…
UOMO – (continuando) Il punto di non ritorno rispetto ad un lontano antenato primate. Quello che rende l’uomo diverso, eccezionale, unico…. Mi segue? Io sto cercando di aiutarla…
La donna annuisce, si alza e va a prendere una pillola con un po’ d’acqua
DONNA – (stanca) Sì, sì…Adesso però sia gentile, faccia il bravo e si metta a dormire. Stia buono, non mi distragga, stia zitto: io devo lavorare.
La donna prende da uno scatolone una torre Jenga , e la mette sul tavolo in proscenio.
UOMO – …Ma io non dormo, lo sai.
La donna, con grande concentrazione, si applica a togliere lentamente un blocchetto di legno dopo l’altro. Cambia posizione, riflette e studia la torre da diverse angolazioni per scegliere la mossa giusta, mentre parla, rivolgendosi a se stessa, come se stesse compilando un diario clinico
DONNA – Oggi ha pianto poco. Strano. Di solito piange molto più spesso. Peggio ancora quando ride, anche per ore, ebete, con lo sguardo incantato di un pazzo. Ma oggi non è ancora capitato. Abbiamo avuto, invece, ancora deliri di onnipotenza. Sostiene di non poter morire, si crede invulnerabile, eterno. Certo, piacerebbe anche a me poterci credere: di non dover morire, di rimanere comunque, di viaggiare, anzi, come dice ogni tanto, di incontrare dimensioni inimmaginabili, di conoscere Dio…Io non mi sento bene. Non so per quanto potrò reggere ancora. Mi sto logorando. Comincio a temere seriamente per la mia salute. E faccio pensieri terribili. Terribili. Penso che se io… se soltanto io… se decidessi seriamente di…liberarmene… Sarebbe così facile, poi. La mia vita potrebbe essere così leggera, semplice, perfino piacevole, forse. Ma non mi permetto di pensarlo sul serio. Di farne un progetto vero e proprio. Anche se magari lo minaccio, così, sperando che serva a qualcosa. I pensieri mi vengono da soli, però, … anche senza che io… perfino idee sul come dovrei… sul come si potrebbe…Oggi, per esempio, proprio oggi ho pensato che…Ho pensato che se io mi decidessi a… se io mi decidessi potrei, potrei…
La donna toglie il legnetto sbagliato. La torre crolla rumorosamente.
L’uomo si spaventa e cerca di vedere cos’è successo, per quanto glielo consentano le catene.
La donna rimane a fissare il crollo come inebetita.
L’uomo continua a guardarla e da questo momento in poi la ascolterà con grande partecipazione cominciando, anzi, a commuoversi e finendo con il singhiozzare
DONNA – (attonita) E’ successo all’improvviso, come sempre. L’ultima volta in un bar. Sedevo con una collega, il tavolino era tondo e lucido, di legno scuro laccato e proprio vicino al bordo c’era una goccia di latte. E’ cominciato dalle orecchie, piuttosto in fretta: le parole, affollate, insieme a tutti i suoni, dietro, che si rompono e si rigano, graffiandosi l’una con l’altra e si conficcano nel collo; e intanto il cuore, che si sposta verso l’alto e verso il basso e gira e si risucchia, a scatti, nello stomaco e tira, mentre il tappo sul fondo è saltato e le luci e le immagini e gli spigoli non hanno più posto e allora schizzano fuori.
Mi sono alzata. Non c’ero più io. Non c’era niente. Soltanto paura. Quella superficie liquida e tesa, nera, fino all’orlo. Adesso sto morendo. Il liquido buio e teso mi risucchia all’interno. Adesso muoio. Lo sento che succede così: si stende contro il nero delle pupille, da dentro, e mi risucchia lì finché… e mi risucchia lì finché, finché…
La donna si interrompe, in panico. Ha il respiro affannato. Cerca di riportarlo ad un ritmo più calmo. Allora si accorge che l’uomo sta singhiozzando.
Vederlo piangere la manda in bestia.
DONNA – Ma perché cazzo piange?!
L’uomo non risponde e continua a piangere
DONNA – La smetta, la smetta subito!
L’uomo dice qualcosa di incomprensibile tra le lacrime.
DONNA – Mi prende per il culo?! Lo trova così divertente?! Le faccio pena?! …Invece di rendersi utile! Invece di aiutarmi…
UOMO – Fammi finire la storia!
La donna prende una manciata, dopo l’altra, i blocchetti di legno e li mette davanti all’uomo
DONNA – Lei dice solo cose assurde! E adesso li conti!
L’uomo comincia a contare i blocchetti a bassa voce
DONNA – Se lei mi volesse davvero stare vicino… se capisse che io…se fosse in grado di venirmi incontro, di aiutarmi… Per esempio di spiegarmi perché mi succede… perché quelle volte mi succede che…
Suona il citofono. L’uomo e la donna si guardano. La donna va a rispondere. L’uomo la segue con lo sguardo.
DONNA – Sì?….No, no…senti, eri tu anche prima?…Ecco, non dovete più venire, capito?…No, non c’è, non c’è! E se anche ci fosse non potrebbe venire con voi. Deve… finire di contare i blocchetti di legno e poi…E comunque non è una cosa che vi riguarda. Non può uscire e basta. E non tornate più!
UOMO –…Perché non posso andare? Perché tu non vuoi?… Sarebbe così bello uscire ancora con loro e respirare e…
DONNA – (interrompendolo) Non se ne parla nemmeno! Piuttosto, ha finito di contarli?
L’uomo è in grande imbarazzo
UOMO – Io…io avevo incominciato, ma poi…
La donna lo interrompe e comincia a riprendere i blocchetti di legno, con rabbia, e a rimetterli sul tavolo
DONNA – Pensa soltanto a se stesso! Non gliene importa niente di me, non ha il minimo rispetto e pretenderebbe che io…
UOMO – (interrompendola) Ma perché non mi ascolti?!… Se soltanto mi dessi la possibilità!…Fammi raccontare questa storia, fino alla fine: è importante, davvero, e sono sicuro che noi…
DONNA – (interrompendolo) Non si permetta! Non si permetta più di parlare di “noi”, mi ha capito?: lei non ha niente a che fare con me! Io non la conosco!
Una pausa
UOMO – (autorevole, grave) No, non mi conosci per niente, è vero: in questo hai ragione.
La donna rimane interdetta solo per un istante
DONNA – Le ho già detto di non usare quel tono!… Non è stato capace di aiutarmi neppure una volta!
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile
DONNA – (sottraendogli gli ultimi blocchetti) E’ inutile che ci provi: lei sa soltanto fare danni!
La donna comincia a ricostruire la torre su tavolo, con grande attenzione.
L’uomo si stringe in se stesso.
UOMO – (iniziando piano) …Quello che trovarono, però, quello di cui dobbiamo occuparci, lasciò tutti a bocca aperta. Increduli.
DONNA – (amara) Ma sì, sì, faccia come le pare…parli, se vuole, tanto anche se io sto male a lei non interessa!… Stia bene attento, però, che non so quanto potrà durare ancora.
Una piccola pausa, poi l’uomo riprende
UOMO – I paleoantropologi vanno in cerca di utensili e fossili. Ma andando sempre più indietro nel tempo gli utensili spariscono. Nessuno era capace di fabbricarli, ancora. Rimangono solo i fossili: ossa e denti che ci dovrebbero raccontare qualcosa degli individui a cui appartenevano. Qual era la loro capacità cranica, cosa mangiavano… se erano bipedi, per esempio. Si possono trovare ossa del femore, preziosissime, e poi tibie, peroni, e ancora ossa e ossicini del piede: il tarso, il metatarso, le falangi, l’astragalo, il cuboide, lo scafoide…
L’uomo si interrompe e poi riprende
UOMO – (partecipe, caldo) Non posso fare a meno di piangere ogni volta che tu…
DONNA – (interrompendolo, minimizzando) Ma sì, ma sì, è passata. Non ne parliamo più. Mi dispiace soltanto che io… Lo vede come mi fa perdere la pazienza? Ho bisogno del suo aiuto. Mi deve venire incontro, altrimenti… Lo vede che non ce la faccio più?… E allora le dico cose… cose di cui, poi…
La donna si interrompe per un istante
DONNA – (con un sorriso) Vuole le sue spugnature?
UOMO – Vorrei fare il bagno.
DONNA – Il bagno non si può.
La donna prende una bacinella e una spugna e si avvicina all’uomo. Comincia a fargli spugnature sulle mani, sulle braccia e sui piedi. L’uomo si abbandona ai suoi gesti.
UOMO – (sognante) Mi piacerebbe fare il bagno, in una vasca grande, senza la schiuma…In un lago…un laghetto con l’aria fresca e la cascata sopra, in mezzo alle rocce scure, da dietro, con il muschio verde e umido sotto ai piedi, prima, e con la musica di arpicordo che ti avvolge e i pesci e le foglie grandi sopra all’acqua e il polline e le ombre che salgono ondeggiando dal fondo e si possono respirare e mangiare…
La donna ha seguito le parole dell’uomo con un sorriso, una misura di disponibilità inusitata
UOMO – Vorrei addormentarmi nell’acqua di quel lago, con tutto il peso che mi culla, e poi svegliarmi e nuotare… nuotare con te, in cerchio, e anche verso la cascata, dentro l’acqua e poi giocare nell’acqua e schizzarci e nuotare ancora con te verso le rocce scure e poi…
Su queste parole l’uomo ha guardato sempre più amorevolmente la donna, finché non ha potuto trattenersi dal farle una carezza sul viso, sensuale.
La donna istintivamente chiude gli occhi, sorridendo.
Ma poi si rende conto di quello che sta succedendo e subito li riapre, interdetta.
Guarda l’uomo spaventata.
Si alza.
I due continuano a guardarsi.
DONNA – (spaventata)….I laghi mi fanno paura. Dicono che l’acqua sia pericolosa. Da bambina facevo sogni spaventosi. Di notte sembravano belli, ma poi mi perseguitavano per giorni.
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile
DONNA – Erano pieni di suoni strani, quei sogni. Strani come le cose che dice lei.
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile
DONNA – Si sentivano anche sott’acqua i rumori e le voci.
Una pausa
DONNA – Mi ricordo che tutto quanto è già successo prima. Ma non deve succedere più.
L’uomo mormora qualcosa di incomprensibile
DONNA – Mai più.
Una pausa. I due continuano a guardarsi. Poi la donna prende il bastone e lo punta contro l’uomo mentre recupera la bacinella e la spugna
UOMO – Ma non abbiamo finito!
DONNA – (accorata) Mi dispiace, mi dispiace tanto, ma non ho altra scelta…
UOMO – Ti prego, almeno questo!
DONNA – …Vorrei che esistesse un’altra soluzione ma non c’è.
UOMO – Ne abbiamo bisogno entrambi.
DONNA – …E io non reggo più.
UOMO – Almeno stammi a sentire. Fammi raccontare tutta la storia, fino in fondo.
La donna lo guarda
DONNA – Ne va della mia sopravvivenza.
UOMO – Ti stavo raccontando di come le ossa fossili del femore e del bacino…
DONNA – (interrompendolo) E’ che ho sempre sperato che lei potesse cambiare, imparare, crescere e invece…
La donna si interrompe. Si mette di fronte all’uomo
DONNA – (ferma) Da questo momento lei è in punizione.
UOMO – Ma io… io volevo soltanto…
DONNA – (interrompendolo, improvvisamente violenta) Lo so benissimo quello che voleva, cosa crede!… E se non la smette di parlare le metto il bavaglio!
UOMO – Ma io devo raccontarti la storia fino alla fine!
La donna prende un bavaglio
DONNA – L’avevo avvertita.
UOMO – No, no, per favore… smetto, smetto….
La donna ripone il bavaglio
DONNA – Stia bene attento che non scherzo.
La donna fa per tornare alla torre, ma si porta una mano allo stomaco, con una smorfia. Va a prendere una pillola e la ingoia. Ritorna a lavorare alla torre.
DONNA – (concitata, a se stessa, come se stesse compilando un diario)
Prima che la situazione mi sfugga di mano. Ormai non c’è più tempo. Io perdo il controllo. E la ragione, se va avanti così. E non voglio nemmeno pensare, ricordare…non voglio…a quello che è successo prima, a quello che succedeva, peggio di così, quello che potrebbe ancora, di nuovo… Non posso fidarmi di me. Non all’infinito. Mi indebolisco e potrebbe ritornare il caos, come è già stato, senza che io neanche me ne accorga.
Una pausa
DONNA – In fondo è un mio diritto. Essere padrona di me. Della mia vita. In casa mia. Mi devo decidere a farlo.
L’uomo, stretto in se stesso, comincia a fischiare piano, senza badare alla donna. Lei si volta a guardarlo e subito si gira di nuovo
DONNA – (rapida, concentrata) Il nome commerciale è naftalina: indica un idrocarburo aromatico polinucleato che si presenta, a temperatura ambiente, come un solido cristallino di colore bianco. La sua definizione corretta è naftalene.
La donna si volta di nuovo a guardare l’uomo che continua a fischiettare piano.
DONNA – Poco solubile in acqua, si scioglie piuttosto bene nell’etanolo e meglio ancora in alcuni solventi organici come, per esempio, l’acetone. I vapori di anidride ftalica che ne derivano per ossidazione sono altamente tossici.
La donna si volta ancora a guardare l’uomo. Quindi, in tono totalmente diverso…
DONNA – (con ostentazione, volendosi fare sentire) Una volta la mia salute era molto migliore. Da bambina correvo e saltavo: non mi ammalavo mai. Mi piaceva correre e camminare, nuotare non mi faceva paura, anche dove non si toccava più il fondo e perfino se c’erano le onde e il mare mosso. La notte dormivo tranquillamente da sola e per addormentarmi non avevo bisogno di nessuno. Era una vita felice.
Una piccola pausa
UOMO – Devo risponderti?
DONNA – (Disorientata) Cosa?
UOMO – Me lo ricordo bene.
DONNA – (polemica) Cosa si ricorda?
UOMO – Quello che stavi dicendo: quando noi…
DONNA – (infuriata) Lei non mi conosceva!…E non si permetta…
UOMO – Ti dico che allora noi…
DONNA – (interrompendolo, con violenza) Basta! …Io cerco ancora di…Vorrei spiegarle che… Mi faccio scrupoli… E lei non ha il minimo rispetto! Le ho detto e ripetuto che non deve…non deve parlarmi così!… Non le permetto di dire…
La donna si interrompe distratta da una fitta allo stomaco
DONNA – E’ lei! E’ lei che mi fa stare male, sempre peggio!
La donna si stringe le mani sullo stomaco. Ha ancora una fitta. Dolorante si avvia verso la porta
DONNA – E non si muova di un passo, mi ha capito?
Sta per uscire di scena ma si ferma
DONNA – E non provi a gridare!
La donna esce di scena. L’uomo l’ha seguita con lo sguardo. Poi si accoccola più comodamente che può e comincia
UOMO – Ma quello che i paleoantropologi trovarono nel sito di Laetoli, in Tanzania, non aveva niente a che fare con gli utensili e neanche con i fossili, eppure li superava incommensurabilmente per importanza. Laetoli è un sito molto particolare, ricco di vegetazione lussureggiante e pieno di animali: non certo l’ambiente ideale per mettersi alla ricerca di impercettibili tracce del più remoto passato. Eppure Laetoli ha un’attrattiva irresistibile: la straordinaria antichità. Depositi stratificati di tufo che risalgono addirittura al…
Suona il citofono. L’uomo si agita. Guarda il citofono e poi in direzione della porta da cui è uscita la donna. Tira le catene per spostarsi senza successo verso il citofono mentre ripete
UOMO – …Che risalgono addirittura al…
Il citofono suona ancora. L’uomo è sempre più agitato. Tenta ancora di spostarsi verso il citofono ma le catene lo fermano
UOMO – …Addirittura al…
Il citofono suona ancora.
La donna rientra in scena. Ha ancora i pantaloni del tailleur ma sopra indossa una maglietta da casa e ha le ciabatte. Lancia un’occhiata severa all’uomo e va a rispondere
DONNA – (brusca) Allora?! Vi avevo detto di non… (cambiando completamente tono, gentile) Ah è lei, mi scusi… Buonasera…No, no, certo…Oddio, non mi ero resa conto e…In realtà avrei dovuto telefonare… sì, sì, perché non mi sento bene e allora… sarà meglio che io non… Certo, sì, la prossima volta…No, niente di grave, soltanto un poco di…ma certo, come no? Grazie ancora… e mi saluti gli altri.
La donna mette giù
UOMO – Perché non vai?
La donna non risponde e riattraversa la scena
UOMO – Perché non esci con loro?
La donna esce di scena
UOMO – (alla donna, fuori scena) Dovresti uscire con loro! Sono sicuro che ti farebbe bene!… Dovresti fare uno sforzo e uscire, provare a respirare i pollini e a guardarti intorno. Dovresti…
La donna rientra. E’ completamente vestita da casa.
DONNA – (sarcastica, ma con un sorriso) Ha molta voglia di parlare oggi!…Si ricordi che il bavaglio è sempre pronto.
UOMO – …Dovresti uscire e distrarti, respirare i pollini e…
DONNA – (interrompendolo, sempre sarcastica) E la smetta di dirmi quello che devo fare: non sa che non lo sopporto?
L’uomo tace e si stringe in se stesso. La donna torna a lavorare alla torre.
DONNA – (con un sorriso ambiguo) E poi oggi ho deciso di mandarmi un po’ avanti con il lavoro. E’ la giornata adatta per sistemare definitivamente certe cose.
Un attimo di silenzio. La donna lavora alla torre.
UOMO – Te lo ricordi tu?
La donna non risponde
UOMO – A quando risalgono.
La donna non risponde
UOMO – Te lo ricordi a quando risalgono i depositi di tufo di Laetoli?
La donna non risponde
UOMO – Te lo ricordi?
DONNA – (gentile) Adesso non posso risponderle, mi dispiace. Ho bisogno di concentrarmi, lo capisce?
La donna guarda l’uomo che non risponde.
DONNA – (suadente) Ma se lei intanto vuole parlare non mi disturba.
L’uomo è interdetto.
DONNA – Avanti, non abbia paura.
L’uomo tace
DONNA – Non voleva arrivare fino alla fine della storia?
L’uomo la guarda ancora, interdetto.
Poi comincia piano, un po’ sospettoso, mentre la donna continua a lavorare alla torre
UOMO – …Al Pliocene. I depositi tufacei di Laetoli risalgono addirittura al Pliocene. Poco meno di quattro milioni di anni fa.
L’uomo si interrompe e guarda la donna, spiandone una reazione.
Lei lo ignora, concentrata sulla torre.
L’uomo riprende sempre perplesso, quasi guardingo.
UOMO – E in questi depositi di tufo, così antichi, c’erano fossili di ominidi: mandibole e denti. Soprattutto denti. Ma niente che potesse rivestire un interesse speciale; niente che rivelasse chiaramente se si aveva a che fare con individui assimilabili alla linea evolutiva dell’uomo o con semplici parenti lontani, esemplari di qualche famiglia collaterale, persasi nelle pieghe del tempo e dotata non di una rivoluzionaria locomozione bipede, ma di un comune incedere curvo e scimmiesco.
L’uomo si interrompe. Guarda la donna.
UOMO – (grave) Faresti meglio ad ascoltarmi.
La donna lo ignora
UOMO – (grave) Sono molto preoccupato per te
La donna lo ignora
UOMO – Non è una buona idea.
DONNA – (gentile) Non mi distragga, per favore.
UOMO – (accalorandosi, con forza e autorità inusitate) Credi che io non lo sappia?! Cosa stai cercando di fare, quello che hai in mente. Ma non servirà, anzi: sarà peggio, molto peggio per te!
La donna non dice niente
UOMO – Ascoltami, siamo ancora in tempo.
DONNA – (cercando di essere amabile)…Sia gentile, ho cercato di spiegarglielo…
UOMO – (interrompendola, gridando) Ti parlo di una cosa importante!
DONNA – (perdendo l’aplombe) Le conosco le sue cose importanti: i soliti deliri!
UOMO – Perché tu non mi ascolti! Ma questa volta devi, devi ascoltarmi! Credimi: io ti voglio salvare!
DONNA – Ma come faccio a starla a sentire se lei dice solo cazzate!… L’origine della specie, mugolii e cazzate!… Salvarmi da cosa?! Da cosa?!…Sono io, casomai, che potrei ancora ripensarci e…Ma ormai è tardi, io sto male, la mia pazienza si è esaurita, e più la sento parlare più mi convinco!
UOMO – Soltanto cinque minuti, cosa ti costa? Siamo arrivati alla parte più importante. Il punto in cui si tirano le somme.
Una pausa. La donna guarda l’uomo e sospira.
DONNA – (annuendo)… Si tirano le somme…
UOMO – Soltanto cinque minuti.
Suona il citofono. La donna lo ignora del tutto.
DONNA – (con ritrovata compostezza) Cinque minuti, va bene.
La donna, continuando ad ignorare il citofono che suona ancora, esce di scena. L’uomo la segue con lo sguardo, stupito, poi si volta al citofono che continua a suonare.
La donna rientra. In mano ha un flacone e una scatola di media grandezza.
Il citofono suona un’ultima volta. La donna lo ignora e si siede di fronte all’uomo.
DONNA – (mostrando il flacone, con un sorriso compiaciuto e ambiguo) Acetone. Serve per levare lo smalto.
La donna prende dalla scatola un batuffolo di ovatta, lo imbeve di acetone e lo avvicina all’uomo
DONNA – Le piace l’odore?
L’uomo la guarda stupito
UOMO – …E’ particolare.
DONNA – (dolce e accattivante) E’ buono. Sente com’è buono?… Voleva dirmi qualcosa?
L’uomo rimane interdetto. Guarda il citofono
UOMO – …Mi sarebbe piaciuto andare con loro…
DONNA – Ma non voleva parlarmi?
L’uomo la guarda per un momento
Una pausa
UOMO – (grave) E’ la tua ultima occasione.
La donna non raccoglie. Risponde con un sorriso noncurante
DONNA – Avanti, mi dica: eravamo arrivati a…
UOMO – (con un sorriso amaro)…Al pliocene. E’ questo l’orizzonte cronologico in cui si inserisce la stupefacente scoperta. Quasi quattro milioni di anni fa.
L’uomo cerca una reazione nella donna che lo ignora e prende dalla scatola delle palline bianche
DONNA – (gentile) Vuole odorare anche questa?
UOMO – Tu non mi stai ascoltando.
DONNA – Certo che sì. E trovo tutto molto interessante.
La donna avvicina la naftalina all’uomo
DONNA – Le piace l’odore?
UOMO -…Molto particolare.
DONNA – (accattivante) E’ naftalina e ha un buonissimo odore.
Ripone la naftalina nella scatola e si leva lo smalto con il batuffolo di cotone
DONNA – Stava dicendo?
Dopo un istante di incertezza l’uomo riprende
UOMO – ….Successe per caso. Come la maggior parte delle scoperte davvero importanti. Qualcuno si chinò a raccogliere un pezzo di legno…ed era lì!…O meglio, non era lì: non si trattava di qualcosa di palpabile, che si potesse apprezzare nelle sue tre dimensioni, come un solido qualunque, ma di un segno che era stato lasciato da qualcosa di vivo. Qualcosa che si vorrebbe poter conoscere, identificare meglio; qualcosa di cui si sente la mancanza, spesso, magari la necessità, ma che in concreto sfugge.
L’uomo si interrompe, guarda la donna che lo ignora. Quindi riprende
UOMO – Nel sottile strato di tufo di 3,7 milioni di anni fa c’era l’impronta di un piede. Un piede assolutamente umano. Nessuno trovò le parole. La scoperta non aveva confronti: ecco finalmente, proprio qui, la materializzazione di quella così inafferabile patente di umanità. La sintesi perfetta di tutti i parametri studiati per definirla. E non si trattava di un caso: lavorando con esasperante delicatezza per non danneggiarle, gli studiosi riuscirono a riportare alla luce una lunga serie di impronte. A lasciarle erano stati due individui di diverse dimensioni che camminavano vicini, uno al fianco dell’altro.
L’uomo si interrompe e guarda la donna
UOMO – L’impronta non sarebbe mai esistita senza qualcuno che camminava.
E’ il rapporto tra le cose che conta. Potremmo ancora capirci, noi due.
La donna gli rivolge un’occhiata ma non ha altre reazioni.
UOMO – Sarebbe molto bello.
DONNA – Ha già finito?
UOMO – Saresti molto felice.
DONNA – Non mi racconta la fine della storia?
UOMO – E’ quasi finita.
DONNA – Appunto
L’uomo indugia un momento
UOMO – (con un sorriso amaro) Forse ti starai domandando come è possibile che delle orme di piedi nudi si siano impresse nel tufo. Ma 3,7 milioni di anni fa quello non era tufo.
Mentre l’uomo parla la donna compie una serie di operazioni, con calma e grande precisione: versa il contenuto del flacone in un recipiente da cucina. Poi mette le palline di naftalina in un pestello e lavora a lungo per ridurle in briciole. Quindi mette anche la polvere ottenuta nel recipiente e mescola il tutto.
L’uomo, a tratti, la segue con lo sguardo.
UOMO – (sempre scoraggiato, con sforzo) Vicino al sito di Laetoli c’è ancora un grande vulcano, il Sadiman, che oggi è spento, ma che quattro milioni di anni fa era attivo. Un giorno eruttò una grande nuvola di carbonatite, una sostanza morbida come la sabbia. Doveva essere piacevole camminarci. E subito dopo piovve. E dopo ancora, su quella specie di spiaggia passarono un sacco di animali: dagli elefanti ai maiali, dai rinoceronti agli struzzi. Perfino le piste dei millepiedi vi rimasero impresse. Finché anche un paio di individui, che camminavano proprio come l’uomo moderno, ci fece un giro. Chissà che cosa avranno pensato, se avranno pensato. L’essenziale è che i calcagni penetrarono morbidamente nella superficie bagnata, insieme all’arco plantare e alle dita.
Una pausa
UOMO – Erano loro ad essere vivi, mi segui? Ma quello che noi vediamo è l’impronta.
L’uomo cerca lo sguardo della donna. Ma lei continua ad occuparsi delle sue cose e lo ignora.
UOMO – (deluso) E poi, sotto il sole, tutto si seccò in fretta. E dopo fu solo questione di sedimenti. Prima la vegetazione, poi polvere, sabbie, terriccio, creazione di nuovi strati di rocce… Finché il lavoro dell’erosione millenaria ha riportato alla luce l’evento cruciale: l’ingresso dell’uomo nell’umanità. L’evidenza materiale della sua identità straordinaria.
L’uomo si ferma per un istante
UOMO – Se non ci fosse l’impronta, non lo avremmo mai saputo.
Se non ci fosse stato chi camminava, non ci sarebbe l’impronta.
Una pausa
DONNA – E’ finita?
L’uomo tace
DONNA – Ad essere sinceri mi aspettavo qualcosa di più.
UOMO – (esplicativo) Quello che si manifesta, fisicamente, (e indica la donna) è un’impronta di ciò che è realmente vivo (e indica se stesso)
Una pausa
DONNA – Un po’ presuntuoso, non trova?
L’uomo non risponde
DONNA – E piuttosto retorico.
L’uomo non risponde
DONNA – …E se ho capito bene anche… allegorico?
L’uomo non risponde
DONNA – (sarcastica)…Una specie di ordinamento cosmico…Su quali basi, poi?!…
Una pausa
UOMO – Perché non ti fidi?
DONNA – Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più.
UOMO – Perché non vuoi stare meglio?
DONNA – Certo che mi fido, eccome! Ed è proprio per stare meglio, tutti e due. Estremamente meglio.
L’uomo la guarda incerto.
Una pausa
DONNA – (con un sorriso suadente) Si sarà stancato a raccontare. Dovrebbe mangiare qualcosa.
L’uomo la guarda con stupore
DONNA – Non vuole mangiare qualcosa?
UOMO – …Ma lo sai: non abbiamo mai trovato niente che…
DONNA – (interrompendolo, accattivante) Ho una sorpresa per lei.
La donna esce di scena
UOMO – (seguendola con la voce) Se ci rifletti è chiaro: quello che si manifesta… è un’impronta di ciò che è realmente vivo!…Non deve trarre in inganno il fatto che l’impronta sia… riempita di qualcos’altro…
La donna rientra in scena portando in mano un apparecchio da aerosol completo di boccaglio
DONNA – Le ho preparato qualcosa di buono da annusare.
L’uomo la guarda interdetto. La donna versa il contenuto del recipiente nell’apparecchio, lo collega alla corrente e lo accende.
UOMO – Non lo avevi mai fatto prima.
DONNA – C’è un tempo per tutto.
UOMO – Ma sei sicura che mi piacerà?
DONNA – Le piacerà molto.
UOMO – Non credo di meritarlo.
DONNA – Adesso dobbiamo solo aspettare l’ebollizione. E poi si formeranno i vapori.
UOMO – Penso di avere sbagliato tutto con te.
DONNA – Ma certo che se lo merita!
UOMO – Eppure non avrei saputo cos’altro fare.
DONNA – (mostrandogli il boccaglio) E lei li aspirerà da qui.
L’uomo tace
DONNA – Non abbia rimpianti.
L’uomo tace
DONNA – E dopo si sentirà molto meglio.
UOMO – …E tu?
DONNA – Anch’io io starò molto meglio. Ne sono sicura.
UOMO – ….Ha proprio un buon odore.
DONNA – (accattivante) Lo sente?
UOMO – In fondo non dipende solo da me se…
DONNA – Sono contenta che le piaccia.
UOMO – …E’ anche una tua scelta. Io ho cercato di tenerti, ma tu.…
DONNA – (interrompendolo) Ognuno ha le sue responsabilità.
UOMO – (goloso)…Fammi assaggiare.
DONNA – E’ quasi pronto. Ecco…
UOMO – Non avrei mai voluto farti del male.
DONNA – Non deve avere rimorsi: ormai è passato. Non ci pensiamo più.
La donna sistema il boccaglio sul viso dell’uomo e lo ferma con l’elastico
DONNA – Respiri bene… profondamente… così…
La donna respira profondamente. L’uomo chiude gli occhi e la imita.
DONNA – (continuando a respirare profondamente) Ecco…Bravo…Così!…E’ buono, vero?…Bravo…bravo, respiri… respiri…così…Dei bei respiri profondi… respiri… respiri…
La donna guarda l’uomo.
L’uomo respira profondamente a occhi chiusi.
DONNA – Bravo, bravo… Così, dei bei respiri profondi…Respiri… respiri…
La donna continua a guardare l’uomo, spiandone le reazioni, ma ad un tratto comincia ad avvertire un leggero stordimento.
Ha la sensazione di perdere l’equilibrio. Si sposta di qualche passo sempre ripetendo
DONNA – Respiri, respiri…così…dei bei respiri profondi…respiri…respiri…
Il malessere, però, peggiora. La donna sente girarle la testa, ma non smette di ripetere
DONNA – Così, così…Respiri… respiri… dei bei… respiri…profondi…
Si dirige verso la sedia e si siede, sempre ripetendo
DONNA – Respiri… respiri… così…respiri… respiri…
Con voce via via più spezzata.
L’uomo continua a respirare a occhi chiusi
La donna comincia ad avere difficoltà di respirazione. Ha qualche colpo di tosse.
DONNA -… Così… respiri… respiri… respiri…
La donna cerca di riprendersi, di stare dritta, ma comincia a sentirsi mancare.
Respira con maggiore fatica e ogni tanto tossisce
DONNA – …Re…spiri… respi…ri… respi…ri…respi…ri…
Vorrebbe rialzarsi, ma non riesce a muoversi.
Cerca l’uomo, con sguardo angosciato, mentre comincia a sentirsi soffocare.
Poi non riesce più a tenere gli occhi aperti.
A stento cerca di ripetere ancora
DONNA – Re…s..pi… res…p…re…spi…respi…res…
Il respiro è sempre più affannoso, convulso.
La donna spalanca gli occhi, spaventata e stupita.
Poi perde i sensi, scivola dalla sedia e cade a terra, scomposta.
Il respiro diventa un rantolo rauco.
La donna sobbalza lievemente, poi non si muove più.
Il rantolo cessa.
Dopo un tempo l’uomo apre gli occhi.
Guarda la donna. Si leva il boccaglio.
Si alza in piedi.
Fa per avvicinarsi alla donna. Le catene lo trattengono solo per un istante, poi, al suo gesto deciso, cedono e lo lasciano libero.
L’uomo raggiunge la donna.
Le si accoccola vicino.
La guarda.
Le chiude gli occhi con gesto inequivocabile.
UOMO – (partecipe) Si possono realizzare dei calchi. Con una colata di gesso, per esempio. Ma il rapporto tra la matrice e l’impronta rimane un mistero.
Suona il citofono.
L’uomo si volta a guardarlo.
Il citofono suona ancora.
L’uomo guarda la donna e poi il citofono che continua a suonare.
L’uomo raggiunge il citofono e risponde
UOMO – (un po’ frastornato) Sì? …Sì, sì…adesso… in effetti potrei… Adesso… non c’è più niente che… E non ho più niente da fare qui… Allora va bene, con piacere… Anche subito…Certo, perché no?!…
L’uomo si volta a guardare ancora la donna
UOMO – (con un sorriso)….Arrivo.
L’uomo mette giù il citofono e esce di scena da sinistra.
Buio