LA SIGNORA BABA E IL SUO SERVO RUBA
di Marco taddei
Note dell’autore
Il prologo e l’epilogo al pubblico che ho scritto,
rubando da Brecht, non sono obbligatori per la messa in
scena, la compagnia che interpreta questo corto può
decidere di non usarlo.
Ruba l’indiano dice i “signore/a” senza intenzione, è
abituato a dirlo e quindi non è necessario riempirlo di
significato.(Ruba finisce le frasi con “signore/a”, è
fatto così.)
Personaggi
Attore 1 – Ruba
Attore 2 – Nipote
Attore 3 – Baba/Vecchia
Gli attori
Signore i Signori, i tempi son tristi:
È saggio chi è in ansia, cretini i vanesi.
Non vince gli affanni chi ha perso
Il gusto del riso: per questo scrivemmo
La commedia. Che voi ascolterete.
Signore e Signori, i soldi son pochi
E anche noi, gli attori
Bisogna arrangiarsi;
È saggio chi è in ansia, cretini i vanesi.
Io, dovrò recitare due personaggi;
I soldi son pochi.
Eh, si.
Bisogna arrangiarsi, reiventarsi,
Resistere alla triste realtà..
Tra ricchi e poveri,
Sfruttatori e sfruttati,
Non c’è più carità.
Questa storia parla di noi:
Di come siamo meschini, e di quanto
potremmo essere straordinari.
Buono spettacolo.
Prima Parte
Al ristorante “da BABA” – int. Cucina – Notte
Nella cucina di un ristorante. C’è una porta sulla
destra che dà sulla sala da pranzo, non ci sono altre
uscite.
Due uomini, RUBA e IL NIPOTE, stanno fumando una
sigaretta.
IL NIPOTE
Che vita di merda; gli altri hanno
fatto cadere almeno un bicchiere a
testa e il cuoco ha lasciato la cucina
da schifo, e poi se ne sono andati a
casa. Che vita di merda. Come sono
stanco. Sei stanco, tu?
RUBA
C’è stato molto lavoro, signore.
IL NIPOTE
Io sono stanco.
RUBA
Si, signore.
IL NIPOTE
La verità è che qui non si sta male.
RUBA
Si?
IL NIPOTE
Ruba, tu sarai pure indiano ma non hai
idea di cosa ho visto là fuori.
RUBA
No?
IL NIPOTE
Che mondo! Lavoravo in questo call
center, dopo che sono stato licenziato
dall’altro
lavoro…volantinaggio…volantini;
2.
(MORE)
lavoravo in questo call center,
dicevo…era un inferno: ti pagavano a
cottimo e non ti fornivano neppure i
numeri!
RUBA
Mhmm.
IL NIPOTE
Non ti davano i numeri, capisci?
RUBA
Credo di si, signore.
IL NIPOTE
Eri costretto a trovare i numeri da
chiamare sul “CERCA LAVORO”! Immagina
un posto di disperati, che non hanno
numeri da chiamare, e che sono
costretti a chiamare gente che cerca
lavoro!
RUBA
Si, signore.
IL NIPOTE
Disperati che chiamano altri
disperati!
RUBA
Mhmm!
IL NIPOTE
Esatto. Un’inferno. Almeno, qui, si
sta bene.
RUBA
Si.
(pausa)
IL NIPOTE
Devi finire i piatti?
RUBA
Vado, si.
IL NIPOTE
No, aspetta. Siamo in pausa o no?
Glielo dico io a mia nonna, che cazzo!
RUBA
Prima finisco i piatti prima vado a
letto, signore.
IL NIPOTE
Perché?
3.
IL NIPOTE (CONT’D)
RUBA
Per riposare.
IL NIPOTE
Come stai Ruba?
RUBA
Sono stanco, signore.
IL NIPOTE
E già, anch’io. Ma finirà, finirà
presto.
RUBA
Finirà quando finirò i piatti.
(Entra Baba.)
BABA
Ruba che cazzo fai!
IL NIPOTE
Nonna.
BABA
Ti avevo detto di finire quei piatti,
santo dio!
IL NIPOTE
Nonna?
BABA
Una cosa devi fare, Ruba, santa
madonna!
RUBA
Si, signora.
(Ruba va a lavare i piatti.)
BABA
Hai da lavorà! E io a te, te faccio
pure un favore, sà?! Dio buono!
IL NIPOTE
Nonna?
BABA
Che c’è stellina?
IL NIPOTE
Stavamo fumando una sigaretta.
BABA
Non me ne frega un bel niente amorino,
amorino bello.
4.
(MORE)
Non siamo mica in vacanza. Domani ci
svegliamo presto e dobbiamo finire
presto, vero Ruba?
RUBA
Si, signora.
BABA
Che se non fai come ti dico sai cosa
succede, vero?
RUBA
(non risponde, continua a lavare i
piatti)
BABA
Sulla tua nave in india, così vai a
trovare i tuoi figli e la tua gente.
IL NIPOTE
Nonna.
BABA
(al nipote) Non ti preoccupare. (a
Ruba) E’ difficile anche per me, sai?
Se entra la polizia, qui, chiudo
bottega. Lo sai?
RUBA
(non risponde)
BABA
Ruba!
RUBA
Lo so, signora.
BABA
Ti sto facendo un favore. (al nipote)
Avevi lasciato questi piatti di là
amore mio, cerca di non farlo più.
IL NIPOTE
Si, nonna.
BABA
Bisogna dare tutti una mano.
IL NIPOTE
Si.
BABA
Vado a fare i conti.
(Esce Baba.)
IL NIPOTE
E’ proprio una stronza.
5.
BABA (CONT’D)
(Ruba continua a lavare i piatti.)
IL NIPOTE(CONT’D)
Ruba.
(Ruba continua a lavare i piatti.)
IL NIPOTE(CONT’D)
Ruba?
RUBA
Si, signore?
IL NIPOTE
Non è giusto. Perché non te ne vai?
RUBA
Dove?
IL NIPOTE
Non ti può trattare così. Io voglio
bene alla nonna ma dovrebbe farti un
contratto. Regolarizzarti, che ne sò.
Le persone non si trattano così, siamo
uomini, uomini.
RUBA
Sua nonna dà lavoro, e io devo
lavorare.
IL NIPOTE
Perchè?
RUBA
Per la mia famiglia.
IL NIPOTE
La tua famiglia?
RUBA
In India, si. Qui pagano meglio.
IL NIPOTE
Hai moglie e figli?
RUBA
Si, signore.
IL NIPOTE
Maddai!?
RUBA
Si.
IL NIPOTE
Sei già papà?
6.
RUBA
Mhmm, mhmm.
IL NIPOTE
Però…alla tua età? Io non ci avrei
mai pensato a fare bambini, voglio
dire, è una responsabilità. (pausa)
Quanti?
RUBA
Otto.
IL NIPOTE
Otto?
RUBA
Otto, signore.
IL NIPOTE
Cazzo! Otto figli.
RUBA
Si.
IL NIPOTE
Otto figli…(pausa) Ruba, dopo che
fai?
RUBA
Vado a dormire, signore.
IL NIPOTE
Dormi sempre nella baracca dietro al
cortile? Ma perché non ti spostano da
là?
RUBA
Devo rimanere nascosto, se no mi
portano via.
IL NIPOTE
Già. (pausa) Ci andiamo a prendere una
birra? Dopo, quando hai finito?
RUBA
La ringrazio ma devo rifiutare.
IL NIPOTE
Offro io.
RUBA
No, grazie, no.
IL NIPOTE
(minaccioso) Guarda che mi stai
simpatico. Dovresti farti amico uno
come me.
7.
(MORE)
Baba è vecchia, tra non molto potrei
essere il capo della baracca, appena
la nonna muore. Dovresti tenermi
buono.
RUBA
Io non bevo, signore.
IL NIPOTE
Come vuoi. Vado. La nonna è vecchia!
Appena mi lascia il ristorante ci
faccio un parcheggio! Vendo tutto!
Oppure lo dò in gestione a te, Ruba.
RUBA
Speriamo che Baba non muore, signore.
IL NIPOTE
Perché?
RUBA
E’ sua nonna.
IL NIPOTE
Allora?
RUBA
Dei nostri cari, non dobbiamo
desiderare la morte.
IL NIPOTE
Loro hanno avuto la guerra, noi la
recessione.
RUBA
Non capisco, signore.
IL NIPOTE
Bisogna sopravvivere, Ruba. E se per
sopravvivere dobbiamo pregare per un
miracolo, preghiamo: “Dio, fai
schiattare la vecchia!”.
(ride)
(Ruba non dice niente.)
IL NIPOTE(CONT’D)
Sto scherzando. Come prendi tutto sul
serio! Domani arrivo tardi, dillo a
Baba.
RUBA
Si, signore.
IL NIPOTE
Ciao.
(Esce Il nipote)
8.
IL NIPOTE (CONT’D)
(Ruba finisce di lavare)
(Baba entra con un piatto.)
BABA
Mannagia a quel disgraziato di mio
nipote. Ho trovato questo piatto sotto
un tavolo, capisci Ruba?
RUBA
Si, signora.
BABA
Sotto un tavolo! Lo dico sempre io,
“guarda anche sotto i tavoli”, giusto?
Guardare anche sotto i tavoli. Anche
sotto, anche sotto. Perché? Perché?
Perché non si sà mai. Esatto.
RUBA
(non dice niente)
BABA
Esatto. (guardando la cucina) Bravo
Ruba. (posa il piatto vicino a Ruba)
Tié. (Ruba lava il piatto) Dove è
andata la mia stella?
RUBA
E’ andata.
BABA
E’ andata via?
RUBA
Domani arriva tardi, ha detto.
BABA
Ah, si?
RUBA
Mhmm, mhmm.
BABA
Ha detto così?
RUBA
Si, signora.
BABA
Farà tardi un’altra volta, povero
cuore. L’ultima volta è arrivato alle
cinque di mattina completamente
ubriaco.
RUBA
Ricordo, signora.
9.
BABA
Tu non hai idea che dolore che ho
provato, è come un figlio per me.
RUBA
Si, signora.
BABA
Non hai idea; il dolore che ho
provato.
RUBA
No, signora.
BABA
Non hai idea. Che male, qui, al cuore.
RUBA
No, signora.
BABA
E’ come un figlio.
RUBA
Ho finito, signora.
BABA
Hai finito?
RUBA
Quello era l’ultimo piatto.
BABA
E i bicchieri?
RUBA
Lavati, signora.
BABA
E le spugne?
RUBA
Al loro posto, signora.
BABA
E il pavimento?
RUBA
Pulito, signora.
BABA
Bene. Quando te lo meriti te lo
meriti, ecco i soldi.
(Baba prende un mazzo pieno di banconote e ne lascia
sul tavolo due. Ruba prende le banconote)
10.
RUBA
Grazie signora. Vado a dormire.
(Ruba prende la giacca e si prepara a uscire)
BABA
Dove sarà andato, Ruba? Dovrò
aspettarlo tutta la notte…eh, si.
Eh, si.
(Ruba sta per uscire)
BABA (CONT’D)
Ruba?
RUBA
Si, signora?
BABA
Sei stanco, vero? Ti vedo stanco.
RUBA
Molto.
BABA
Infatti.
RUBA
Signora, si.
BABA
Infatti questo pavimento non l’hai
lavato.
RUBA
L’ho lavato, signora.
BABA
Io però lo vedo sporco. Mi faresti un
gran favore se potessi farmi il
piacere di dare una seconda passata al
pavimento; se è vero che lo hai già
lavato. Io lo vedo sporco.
RUBA
Signora…
BABA
Ti pagherò. E’ stata una serata
fortunata Ruba. Ti pagherò.
(Baba mette sul tavolo una moneta)
(Senza togliersi la giacca Ruba prende lo straccio e
comincia a lavare)
11.
BABA (CONT’D)
Io lo vedo sporco.
(Ruba si mette a lavare il pavimento.)
BABA (CONT’D)
Questa sera è andata bene ma non è
sempre così. No, Ruba. Molte volte
lavoriamo e io ci vado a perdere. A
fatica mando avanti il ristorante.
Pure mio nipote ho dovuto mettere a
lavorare. Mio nipote! L’ultima cosa
che gli volevo vedere fare era
lavorare qui, con un indiano! Ruba,
non ce l’ho con voi indiani ma è mio
nipote, capisci?
(Ruba annuisce.)
BABA(CONT’D)
Capisci quello che ti voglio dire,
Ruba?
RUBA
No, signora.
BABA
Quello che ti voglio dire è che per
metterti in regola bisogna aspettare
ancora un po’. Non è ancora tempo per
essere trasparenti in amministrazione.
Abbi fede.
RUBA
Ho finito, signora.
BABA
Bene. Hai capito?
RUBA
Si.
BABA
Bene. (sospira) Ruba, puoi rimanere
con me un po’? Non mi sento molto
bene.
RUBA
Cosa succede, signora?
BABA
Non mi sento molto bene.
RUBA
Cosa si sente, signora?
12.
BABA
Sono in ansia per mio nipote, Ruba, e
per questo mi fa male il cuore.
RUBA
Non si deve preoccupare.
BABA
Mi fa male. Vuoi aspettare mio nipote
qui con me?
RUBA
Sono molto stanco, signora.
BABA
(tra se’) Ingrato.
(Ruba si siede.)
(pausa)
BABA(CONT’D)
Ruba, voglio farti un regalo. Ora, ci
faremo un bicchierino di questo
liquore. Mia nonna diceva che fa
avverare i desideri. Ecco qua. E’
magico.
RUBA
Io non bevo, signora.
BABA
Ti sto facendo un regalo. E’ magico,
Ruba.
RUBA
Va bene, signora.
(Baba versa in due bicchierini il liquore.)
BABA
Allora, Ruba, mia nonna mi diceva:
“Tu, prima di bere desidera qualcosa e
questo qualcosa si avvererà”. Ci sei,
Ruba? Pensato?
RUBA
Si, signora.
(Baba e Ruba esprimono il desiderio in silenzio)
BABA
A noi! E alla felicità! (Baba blocca
Ruba prima di bere) Ruba, grazie per
aspettare con me il mio angelo.
(Bevono)
13.
(Baba dopo aver posato il bicchiere ha un’attacco di
cuore. Baba muore. Ruba rimane interdetto. Controlla il
polso di Baba. Prende il telefono in cucina e chiama
l’ambulanza.)
RUBA
Pronto? Ambulanza?
Fina prima parte
——————————————————–
Seconda parte
Al ristorante “da Baba” – int. Cucina – sera
C’è molto movimento al ristorante. Si sentono persone
che magiano fuori dalla cucina.
RUBA stà ai fornelli e goffamente controlla il
pentolone, i pentolini e aggiunge spezie. Si pulisce la
fronte dal sudore.
Entra “LA VECCHIA” (interpretata dall’attrice che
recitava Baba) e lascia dei piatti da lavare, Ruba va a
lavare i piatti e contemporaneamente controlla le
pentole sul fuoco. Lava i piatti e mescola. E si
asciuga la fronte. E torna a lavare.
LA VECCHIA intanto è uscita e rientrata con altri
piatti; quando li ha posati prende fiato.
RUBA continua senza sosta.
LA VECCHIA
Hanno quasi finito gli “hors-d’oeuvre”.
RUBA
Mhmm.
LA VECCHIA
Siamo pronti?
RUBA
Si.
LA VECCHIA
Bene. Da quando Baba è morta non c’è
un attimo di pace. Prima lavoravo
all’accoglienza e ora devo anche
servire e per di più la paga è una
miseria. Sono vecchia, non ho l’età.
Mi licenzierei se non fossi così
vecchia; chi se la prende una vecchia
come me? E me ne sono accorta tardi!
Vecchia!
14.
(MORE)
Dovevo capirlo io che se vuoi stare
bene devi dare ordini e non servire;
ma sono vecchia. Una vecchia schiava.
Sai qual’è la tua fortuna Ruba?
RUBA
No.
LA VECCHIA
La vuoi sapere?
RUBA
Devo fare piatti e cucinare le
pentole.
LA VECCHIA
Sei giovane, ecco cosa sei, sei
giovane.
RUBA
E’ vero.
LA VECCHIA
Sei giovane ma non lo sarai a lungo.
Ti confido un segreto: non si
invecchia col tempo. No. Sai come si
invecchia? Un giorno, ZAN! Vai a
dormire giovane e ti risvegli vecchia,
e non c’è più scampo. Fai il lavoro
per quattro e la paga è una miseria.
La paga non mi basta nemmeno per
mangiare. Tu come fai per mangiare?
RUBA
Non mangio, non dormo; lavoro e basta.
LA VECCHIA
Sei pure simpatico, Ruba.
RUBA
Non è una battuta.
LA VECCHIA
No, dai, davvero.
RUBA
Davvero.
LA VECCHIA
Tu mi nascondi qualcosa. Non fai altri
lavori?
RUBA
No.
LA VECCHIA
Spacci?
15.
LA VECCHIA (CONT’D)
RUBA
No!
LA VECCHIA
Certo. Sai come faccio io? Leggo i
tarocchi e camicie su misura. Nel
tempo libero faccio camicie su misura.
Te ne faccio una per te? Ne vuoi una?
RUBA
Non ne ho bisogno.
LA VECCHIA
Su, Ruba, sono novanta euro al pezzo.
RUBA
Non li ho.
LA VECCHIA
Capisco. E’ dura per tutti. E’ dura
anche per il capo, per il ragazzo.
Quello non lo sà fare il capo. E non
lavora! Fa finta! E fa fare tutto a
me! Baba sì che era un buon capo. Lui
non lo sà fare. L’unica cosa che sà
fare è licenziare. E licenzia che ti
licenzia siamo rimasti in cucina solo
io e te.
(Entra IL NIPOTE)
IL NIPOTE
(sulla soglia della cucina mentre
parla ai clienti) Ora arrivano! Non
preoccupatevi!…Ah! Ricordate di fare
tanti bambini, così li porterete alle
feste per comunioni che facciamo qui
LA DOMENICA! (alla VECCHIA) Che c’è?
LA VECCHIA
Niente.
IL NIPOTE
Vogliono ancora gli antipasti!
LA VECCHIA
“Hors-d’oeuvre”, aveva detto che
bisognava chiamarli così.
IL NIPOTE
E’ uguale!
LA VECCHIA
(sbuffando) Vabbè, ora è uguale! Prima
era importante e adesso no.
16.
IL NIPOTE
Non mi contraddire, sai!
LA VECCHIA
Vabbene, “signore”.
IL NIPOTE
Guarda che non sono stupido.
LA VECCHIA
Neanche io, signore.
IL NIPOTE
E non mi rispondere!
LA VECCHIA
No, non le rispondo.
IL NIPOTE
T’ho detto di non rispondermi!
LA VECCHIA
E’ quello che sto facendo.
IL NIPOTE
Non rispondere!
LA VECCHIA
Non stò rispondendo.
IL NIPOTE
Che stai facendo, allora?!
LA VECCHIA
Eseguo gli ordini, capo.
IL NIPOTE
Vai, vai.
LA VECCHIA
Vado, “signore”.
IL NIPOTE
Vai. Disgraziata.
LA VECCHIA
Signore, vado. Ma non si risponde
così, però.
IL NIPOTE
Cosa?
LA VECCHIA
Ha capito benissimo.
IL NIPOTE
No, non riesco a capire.
17.
LA VECCHIA
Ha capito benissimo.
IL NIPOTE
Non so di cosa stai parlando.
LA VECCHIA
Hai capito benissimo. Non si insulta
la gente così. (in uscita) Distraziata
a me, senti questo.
IL NIPOTE
Vuoi che ti licenzi?
LA VECCHIA
Io lavoro qui da prima di te, giovane.
Devi avere rispetto. Rispetto,
capisci? Qui, noi, si lavora.
Rispetto! (pausa) Vado, và, che sennò
mi arrabbio davvero, “signore”.
(Esce LA VECCHIA)
IL NIPOTE
Ruba, che inferno.
RUBA
E‘ quasi pronto, signore.
IL NIPOTE
Non ne posso più, Ruba. Non si può
lavorare così. Prima, quando c’era lei
era diverso. Con del personale, dei
turni giornalieri, con delle pause.
Con più camerieri, con un cuoco! Ora,
no. Ma scusa, come dovevo fare?
RUBA
Cosa, signore?
IL NIPOTE
Se non accettano la mia autorità non
possono lavorare qui!
RUBA
No, signore.
IL NIPOTE
Anche quel cuoco…
RUBA
Hassan, signore?
18.
IL NIPOTE
Hassan, Hassan. Sempre a lamentarsi.
Sempre a reclamare diritti, ma quali
diritti, qui non abbiamo neanche le
uscite di sicurezza e quello vuole
anche dei diritti! No, eh! E poi lui i
diritti ce li ha, lui il permesso di
soggiorno ce l’ha. Cosa vuole? Se ti
lamenti troppo il rapporto di lavoro
si rompe ed è giusto licenziare.
RUBA
Se mi posso permettere, signore.
IL NIPOTE
Si?
RUBA
Hassan voleva lavorare onestamente,
diceva lui.
IL NIPOTE
Dicono tutti così!
RUBA
Diceva: “Sono un cuoco professinista”
IL NIPOTE
Per cucinare un piatto di pasta non ci
vuole niente! Solo perché uno ha un
foglio dove c’è scritto che fa il
cuoco di professione non vuol mica
dire che lo sia davvero! E poi costava
troppo. (mette una mano sulla spalla
di Ruba) Ce la faremo anche da soli
Ruba.
(entra LA VECCHIA)
IL NIPOTE (CONT’D)
(Alla VECCHIA) Sei licenziata.
LA VECCHIA
Cosa?
IL NIPOTE
Hai capito benissimo, sei licenziata.
Io e Ruba ce la facciamo anche da
soli. Non mi servi più. Vai via.
LA VECCHIA
Tu non hai capito niente. Ti voglio
vedere adesso a lavorare senza di me.
IL NIPOTE
Vai via disgraziata! Maleducata e
disgraziata!
19.
LA VECCHIA
Sto andando, sto andando. Ora me ne
vado. Mi dispiace solo per te, Ruba.
IL NIPOTE
Ruba sta benissimo.
LA VECCHIA
(a Ruba) Ruba, vattene il prima
possibile, credi a me. (al nipote)
Giovane, ti auguro ogni male.
(La Vecchia si strofina gli indici due volte, sputa per
terra e strofina due volte lo sputo col piede)
LA VECCHIA (CONT’D)
Addio!
(Esce Vecchia sbuffando)
IL NIPOTE
Ci ha fatto il malocchio.
RUBA
Cosa?
IL NIPOTE
Ci ha fatto un malocchio, Ruba. Hai
visto?
RUBA
Ha sputato per terra, signore.
IL NIPOTE
Appunto. L’ho visto fare una volta da
Baba a un signore che non aveva
pagato.
RUBA
E che è successo?
(pausa)
IL NIPOTE
Prendi il sale.
RUBA
I clienti stanno aspettando, signore.
IL NIPOTE
Non me ne frega un cazzo, Ruba. Prendi
il sale. Ecco, bravo Ruba. Fai un
cerchio col sale sullo sputo. Bravo,
così, Ruba. Ecco, dovrebbe bastare.
(Il nipote sputa sopra lo sputo della
vecchia) Dovrebbe bastare. Che paura.
20.
RUBA
Dobbiamo tornare a lavoro.
IL NIPOTE
Che paura.
RUBA
Sta meglio, signore?
IL NIPOTE
No, non mi sento molto bene, Ruba.
RUBA
Cosa succede, signore?
IL NIPOTE
Non mi sento molto bene.
RUBA
Cosa si sente, signore?
IL NIPOTE
Mi sento ancora iettato.
RUBA
Dobbiamo continuare a lavorare.
IL NIPOTE
No, non me la sento Ruba, non sono
capace.
RUBA
Signore, dobbiamo lavorare.
IL NIPOTE
Non ce la faccio. Perché io?
RUBA
Io non posso uscire in sala.
IL NIPOTE
(Piagnucolando) Io lascio, lascio
tutto. Chiudo il ristorante, tutto
colpa di quella vecchia maledetta! Ci
ha iettato, Ruba. Non sono in grado.
Non lo so fare il lavoro! Basta!
Domani vendo tutto e ci faccio un
parcheggio!
RUBA
Signore, si alzi.
IL NIPOTE
Nooo. Non ho voglia di servire ai
tavoli. Fallo tu!
21.
RUBA
Se esco a servire mi scoprono.
Dobbiamo lavorare, signore, e io non
posso uscire.
IL NIPOTE
Non me ne frega niente, non me ne
frega niente se ti scoprono Ruba, io
sto male.
RUBA
Alzati, alzati, forza.
IL NIPOTE
No.
RUBA
Ti ho detto di alzarti!
IL NIPOTE
(singhizzando) Si.
RUBA
Ora tu andrai là fuori e servirai i
piatti senza piangere e tornerai qui.
IL NIPOTE
No.
RUBA
Oh, si. E lo farai in fretta; e quando
tornerai qui, aspetteremo che
finiscano i primi, e serviremo i
secondi. E poi serviremo i dolci.
Daccordo? Daccordo?!
IL NIPOTE
Si.
RUBA
Vai.
IL NIPOTE
Si, vado, Ruba.
(Esce Nipote)
(Ruba rimane da solo per qualche tempo. Guarda la
cucina per controllare se c’è qualcosa da fare…è
tutto in ordine. Si pulisce la fronte e prende fiato.)
(Entra nipote)
IL NIPOTE (CONT’D)
Grazie Ruba.
22.
RUBA
Niente signore. (pausa)
IL NIPOTE
Che facciamo?
RUBA
Dobbiamo solo aspettare. I secondi
sono già pronti.
IL NIPOTE
Ok.
RUBA
Bene.
IL NIPOTE
Grazie, eh. (si guarda le scarpe)
(pausa)
IL NIPOTE(CONT’D)
Sono contento che sei qui a dare una
mano, Ruba.
RUBA
(non dice niente)
IL NIPOTE
Ruba?
RUBA
Si?
IL NIPOTE
Per quanto riguarda il tuo contratto.
RUBA
Si?
IL NIPOTE
Ci stò lavorando. E’ difficile anche
per me. Bisogna aspettare un po’. Non
è ancora tempo di essere trasparenti
in amministrazione. Ma ci stò
lavorando. Ok?
RUBA
Certo, signore.
IL NIPOTE
Grazie.
RUBA
Mhmm…
23.
(pausa)
IL NIPOTE
Ci facciamo un goccetto?
RUBA
Io non bevo, signore.
IL NIPOTE
Fai uno strappo alla regola. Ormai la
serata è quasi finita.
RUBA
Va bene, signore.
IL NIPOTE
Ecco. Questo liquore è magico. Era di
Baba. La nonna di Baba diceva: “Tu,
prima di bere desidera qualcosa e
questo qualcosa/
RUBA
/si avvererà”.
IL NIPOTE
Maddai! Lo hai già bevuto?
RUBA
Si.
IL NIPOTE
E il desiderio si è avverato?
RUBA
No.
IL NIPOTE
Magari questa volta succederà
qualcosa, eh, Ruba?
RUBA
Va bene, signore.
IL NIPOTE
Ecco qua. (versa il liquore)
RUBA
(Ruba è pensoso; guarda il liquore,
poi guarda il nipote) Signore?
IL NIPOTE
Dimmi.
RUBA
Se lei muore?
24.
IL NIPOTE
Ruba?
RUBA
Se lei muore e io non ho ancora il
permesso, io cosa faccio?
IL NIPOTE
Tiro a campare, Ruba. Non so come
andrà a finire questo mese per il
ristorante, figurati se sò che ne sarà
di te.
RUBA
Ma se muore?
IL NIPOTE
(affettuoso) Morirò tra molti anni,
Ruba. Non succederà niente. Noi ce la
faremo ad arrivare a fine mese, e
continueremo a lavorare il mese
prossimo, così, per molti anni, e
chissà un giorno riuscirò a farti
avere il tuo contratto e il tuo
permesso per stare qui; a lavorare.
Per adesso devi essere un fantasma,
Ruba.
RUBA
Mhmm.
IL NIPOTE
Se non per me, fallo per la tua
famiglia.
RUBA
Si.
IL NIPOTE
Otto figli, vero?
RUBA
Otto, signore.
IL NIPOTE
Cazzo. Alla salute, a noi e alla
felicità.
(Bevono)
(Posano i bicchieri. Dopo un’attimo, il nipote va alla
porta della cucina.)
IL NIPOTE (CONT’D)
Vado a vedere a che punto sono.
Bisogna fare un po’ di conversazione,
così torneranno.
25.
RUBA
Si.
IL NIPOTE
Ti ringrazio per prima Ruba. Che
polso! Potresti essere un buon capo,
davvero.
RUBA
Grazie, signore.
IL NIPOTE
Vado. Dai! Finiamo presto che domani
bisogna svegliarsi presto.
RUBA
Si.
(Esce il nipote)
Ruba rimane da solo. Ascolta le voci dei clienti fuori
dalla cucina. Ruba si accende una sigaretta.
Dissolvenza e buio
Epilogo degli attori
Signori spettatori, non siate scontenti.
Forse vi aspettavate che finisse altrimenti.
Sgomenti, vediamo a sipario caduto
Che qualunque problema è rimasto insoluto.
Deve cambiare l’uomo? O il mondo va rifatto?
Perché alla fine il giusto non sia sempre sopraffatto?
Non c’è modo di uscire da questa disdetta
Se non che voi pensiate, fin da stasera stessa
Che il giorno che saremo padroni di noi stessi
Da nessun padrone ci sentiremo oppressi.
Fine.
ELEVATI, COL CAVOLO di Alessandra Comi
PERSONAGGI
Lafar omuncolo asessuato, unito a Lares per un cordone stretto alla vita.
Lares omuncolo asessuato, unito a Lafar per un cordone stretto alla vita.
Il Messaggero Cavoletto voce off/ incarnato in scena da un cavoletto di carta crespa con ali, sospeso grazie a una canna da pesca. È il messaggero de Il Grande Cavolo
Lafar e Lares, quando dormono e quando sono uno padrone dell’altro, vestono un cappotto (o sacco) che rende le loro braccia lunghissime: braccia lunghe per arrivare ad ogni affare. Quando sono uno servo dell’altro, invece, sono seminudi o indossano una tutina aderente, ridicola (peggio che essere nudi, totalmente disarmati davanti alla risata). Hanno tutti e due un grosso naso, una protesi di naso, in lattice: naso lungo e grosse narici per un fiuto maggiore degli affari.
SPAZIO
“Dell’altro mondo”. Sullo sfondo una parete da cui colano corde provenienti da un altrove non precisato. In centro un cesto e un telefono giganti: è il luogo degli affari. Il centro è illuminato da una lampada a forma di palla, un sole artificiale che sorge e tramonta. Quando tramonta, si accendono fredde luci di emergenza. In proscenio, ai lati, due piccole capanne a forma di uovo (chiamate “CoCò), al cui interno (visibili) sono adagiati cuscini giganti.
TEMPO
“Dell’altro mondo”. Si alternano giorno e notte in ritmo convulso. È il tempio della Fretta, “di sbrigare, spedire, ovvero di fare od avere prestamente checchessia”. Dove il Denaro è Tempo.
SCENA I. Lafar, Lares
Lafar e Lares in scena, al centro, nel luogo degli affari. Un cesto e un telefono giganti. Lares ha il cappotto. Lafar è seminudo e su una spalla ha visibili “X” nere, fatte di nastro adesivo. Lares sta mettendo una “X” all’altra spalla di Lafar.
LARES (Mettendo l’adesivo) Fammi vedere la tua spalla mentre trasporta il cesso del nostro cliente. (Mettendogli sulla spalla un cesso invisibile) Tieni.
Lafar spalanca la bocca in un grosso sorriso. Poi, a versi, inizia a lamentarsi per lo sforzo, quindi piega la spalla fino ad accasciarsi a terra.
LARES Ma cosa fai, fannullone?!
LAFAR (Ancora a terra) Questo cesso pesa – e puzza.
LARES (Alterato) È una sceneggiata, eh? Adesso ti permetti anche di fare il comico, eh?! (Tirandolo per il cordone e preparando la mano alzata come per dare a Lafar uno schiaffo) Lo sai che i buffoni non mi sono mai piaciuti? Non te l’ho mai detto? Mi vuoi provocare?
Lares ha la mano pronta per tirare uno schiaffo a Lafar, ma squilla il giganto-telefono. Lares si ricompone e al terzo squillo risponde. Lafar, intanto, si alza agilmente.
LARES Buongiornoconchiparlopossoaiutarla? Lunga pausa. (Prendendo appunti su un taccuino) Dunquedunquedunque: Lei ha/ un problema/ con il suo sopracciglio/ perché/ non riesce a inarcarlo/ quando/ vuole avere uno?/ sguardo dubbioso. Pausa. (Guardando Lafar) Ilmiocarocollega sarebbe molto felice di aiutarla: sì. Dice che potrebbe inarcare il sopracciglio per Lei, ogni volta che fosse necessario. Pausa. Mmm, avere accanto il mio collega sarebbe un’intrusione nella sua sfera privata.
LAFAR Anche nella mia sfera pubblica.
LARES (Guardando Lafar) Ilmiocarocollega, però, promette di starle a fianco in modo molto discreto…. Pausa. Mmm, capisco. Pausa. (Guardando Lafar) Ci sarebbe un’altra soluzione, ma… non gliel’ho proposta prima perché… è un servizio speciale, non so se mi capisce…
LAFAR Io non lo capisco.
LARES Ilmiocarocollega potrebbe imprestargli, direttamente, ogniqualvolta fosse necessario, il muscolo facciale che provvede all’incurvatura del sopracciglio. Senza problemi.
Pausa.
LAFAR (A Lares) Hai visto una pinza?
LARES Sì. 100 mazzette e 99 cent. Pausa. 150 mazzette e 99 cent se, oltre al muscolo, desidera l’intero sopracciglio.
LAFAR (A Lares) Hai visto una pinza?
LARES (Fa segno a Lafar di stare zitto e poi continua al telefono) Solo il muscolo? Va bene, va bene, nessun problema. Pausa. Nessun problema, le dico. Pausa.Con assoluta discrezione, non si preoccupi: assoluta. Pausa. (Mentra Lafar lo imita) Non c’è di che, grazie a Lei. Grazie a Lei, non c’è di che. A presto, a prestissimo, a prestissimissimo.
LAFAR (Urlando) Hai visto una pinza?
Lares posa la cornetta. Prende il nastro adesivo, pronto a crociare il sopracciglio di Lafar.
LARES No. Sei impazzito, forse…?
LAFAR Ho bisogno di una pinza per strapparlo subito, il muscolo. Per il servizio speciale. Via il muscolo, via il dolore.
LARES Altroché se è un servizio speciale. Sono riuscito a vendere un muscolo di cui non conosco neanche l’esistenza.
LAFAR Esiste. Guarda un po’ (Lafar inarca il sopracciglio e si avvicina al Lares, faccia a faccia). Vedi che esiste? Pausa. (Allontanatosi) Hai una pinza?
LARES (Tranquillamente) Tu oggi mi sa che vai a letto senza cena.
LAFAR (Cominciano ad urlare) O preferisci strapparmi il muscolo a morsi? O magari lo facciamo strappare a morsi dal cliente? Deve essere divertente e oltremodo speciale! Non gliel’hai proposto?
LARES Anzi: rimani senza cena di sicuro.
LAFAR Dov’è finito il rispetto per la mia dignità?
LARES Qui non è mai entrato e tanto meno l’ho visto uscire.
LAFAR Dov’è finito il rispetto per quello che sono?
LARES (Sempre più divertito) E cosa sei? Sentiamo un po’.
LAFAR Non lo so, ma qualsiasi cosa io sia, in qualsiasi mondo io sia, quello che mi fai è/ Non si può vendere così un/ E poi ognuno dovrebbe essere libero di disporre di sé, di proteggere il proprio/ Il valore di… di quello che è, qualsiasi cosa sia!
Pausa.
LARES Caro mio, se non vuoi essere venduto, sei libero di non farti vendere. Semplicemente. E non guardarmi con quella faccia stupita… Per chi mi hai preso? Io ti ho venduto perché mi sembrava tu fossi d’accordo. Ma se non lo sei, rispetto la tua posizione.
LAFAR Davvero?
LARES Ma per chi mi hai preso?! Non sono mica un mostro. Qualsiasi cosa io sia, non sono un mostro.
LAFAR …Da oggi sono libero?
LARES Per quanto mi riguarda…
Pausa.
LAFAR (Declamando) Mi sento cambiato, elevato, al di là, al di sopra, fuori, altrove, ovunque! Oh, libertà, adesso che ti vedo, incontro anche me stesso. (A Lares) Fratello mio, fratello mio, mi piace chiamarti fratello!
LARES L’ho capito.
LAFAR Fratello, godiamo di questo momento di festa! Sediamoci ad unico tavolo, spezziamo il pane della concordia e mangiamo finalmente in pace: cambiati, elevati, al di là, al di sopra, fuori, altrove, ovunque! Io e te, uguali e liberi davanti al destino.
Lafar abbraccia Lares. Pausa. Lares si divincola dall’abbraccio.
LARES Intanto qui non esiste un tavolo. E poi: non vuoi essere venduto? Va bene. Non vuoi più un padrone? Va bene. Ma del tuo padrone non avrai nemmeno il pane – s’intende! Pausa. Tu vai a letto senza cena, l’avevo detto io.
Il sole repentinamente tramonta e si accendono le luci di emergenza. Lares si arrampica sul grande cesto e riempie le tasche del cappotto di tozzi di pane.
LAFAR Come puoi farmi questo?
LARES Anche la libertà ha un prezzo, carissimo. Pausa. Il prezzo della fame!
Lares scoppia in una risata rumorosa.
LAFAR Se solo potessi dare un taglio a questo cordone!
LARES Impossibile…
LAFAR Ma non mi dai neanche un piccolo tozzo di pane? Ti ho dato il mio sopracciglio, il mio! Me lo merito!
Pausa.
LARES Se domani mi presti servizio…
Lares lancia un tozzo di pane a Lafar, il quale corre subito a raccoglierlo.
Lares e Lafar si rifugiano ciascuno dentro il proprio CoCò. Lares si abbuffa di tozzi di pane e poi di addormenta. Lafar si toglie pian piano, con dolore, il nastro adesivo; ne ripone i resti in una scatola; indossa il cappotto, mangia il tozzo di pane e infine si addormenta.
SCENA II. Lafar, Lares
Il sole sorge. Lafar nel suo CoCò si sveglia e stiracchia. Mette il naso fuori dal CoCò, annusa l’aria, si sistema il giganto-cappotto ed esce.
LAFAR (Cantando e facendo ginnastica) Non è un giorno qualunque/ non è un giorno assopito/ non è un giorno tirchione./ Questo è/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari! (Sistemando il luogo degli affari) Non è un giorno qualunque/ non è un giorno assopito/ non è un giorno tirchione./ Questo è/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari! (A Lares, che è ancora accucciato nel suo CoCò) Alzati, fannullone! Quanto vuoi farmi aspettare? Io ti avviso, sai? Al mio tre, ogni secondo che tu passi a poltrire è un panino tolto dallo stomaco. Dal tuo stomaco. Uno e… Tre.
LARES (Dal CoCò) E il due? Dov’e finito il due?
LAFAR Il due? Cos’è il due? Non c’è tempo per il due: è il tempo degli affari. Alzati! Silenzio. L’hai voluto tu: adesso uso le maniere cattive.
Lafar tira il cordone che lo unisce a Lares.
LARES Ahia!
Lafar tira il cordone che lo unisce a Lares.
LARES Ahia! Mi alzo, ma ti prego fermati!
LAFAR Non prima di averti avuto sotto il mio sguardo.
Lafar tira il cordone che lo unisce a Lares.
LARES Ahia!
Lares esce velocemente dal CoCò: ha ancora indosso il giganto-cappotto.
LAFAR Alt! Levati quel cappotto.
LARES Ma qui fuori si gela.
LAFAR (Indicando la luce artificiale che fa da sole) Con questo sole?! Con questo sole?! Dovresti ringraziarmi che ti faccio spogliare.
LARES Dovrei dirti “grazie”?
LAFAR Prego, figurati, io sono un buon capo: spogliati.
Lares, mentre Lafar fischietta la canzone degli affari davanti a lui, sfila un braccio dal giganto-cappotto. Pausa. Lares sfila l’altro braccio dal giganto-cappotto. Lares abbraccia il giganto-cappotto.
LAFAR (Smettendo di fischiare) Mi sembra di essere stato oltremodo paziente.
Lafar strappa il giganto-cappotto dalle mani di Lares e lo butta verso il CoCò del compagno. Mentre butta il cappotto, squilla il giganto-telefono. Lafar si controlla l’alito, le ascelle e al terzo squillo risponde. Intanto Lares si strofina braccia e gambe per scaldarsi; ogni tanto corre sul posto.
LAFAR Buongiornoconchiparlopossoaiutarla? Pausa. Sì. Mi dica. Sì. Sì. Pausa. Lei ha/ le orecchie che/ si tappano con facilità quando/ non vuole sentire?/ ragioni/ se/ si parla di regioni extrasensoriali. Pausa. Non ho capito bene, ma capisco.Pausa. (Guardando Lares) Dunquedunquedunque: ilmiocarocollega dice che sarebbe molto felice di aiutarla, sì.
LARES Con questo sole, sono sempre felice.
LAFAR Dice che potrebbe stapparle le orecchie con la sua unghia sturatrice di ultima limatura. Pausa. Mmm, capisco: per salvare l’udito non vorrebbe che l’unghia Le tagliasse tutte le orecchie… Capisco. Pausa. (Guardando Lares)Ilmiocarocollega dice che potrebbe darle direttamente le sue orecchie, allora.Pausa. No, nessun problema. Le dà le sue orecchie con piacere. Con lo stesso entusiasmo con cui le venderebbe a… a una mamma.
LARES Cos’è una mamma?
LAFAR (A Lares) Non lo so, ma accende i sentimenti e stimola gli acquisti.
LARES Io sono una mamma?
LAFAR (Al telefono) No. Nessun problema, le dico: come a una mamma. Pausa.150 mazzette e 99 cent.
Lares si tira le orecchie e si porta in giro (per le orecchie). Poi con le mani tappa e stappa entrambe, per capire com’è restare senza udito. Infine si tappa definitivamente le orecchie.
LAFAR Già che c’è, però,/ vorrebbe/ provvedere a?/ migliorare anche la vista, l’olfatto, il tatto/ e il gusto: ma certo!
LARES (Gridando) Mamma mia! Ti vendo tutto, mamma.
LAFAR Ilmiocarocollega sarebbe molto felice di aiutarla: sì – per la seconda volta. Dunquedunquedunque: dice di avere occhi, naso, lingua e mani di qualità inestimabile.
LARES (Gridando) Per fortuna che non sento niente.
LAFAR Ma non si preoccupi: non sente nulla. Tanto meno il dolore. Pausa. Ma non si preoccupi, Le dico. Pausa. Qualità inestimabile… che noi stimiamo 500 mazzette tonde tonde. Ed è già un prezzo stracciato. Solo per Lei.
LARES (Gridando) Solo per Lei, Mamma.
LAFAR (A Lares) Buon suggerimento. (Al telefono) Solo per Lei, Mamma. Pausa.Dunquedunquedunque: calcolando il tempo di imballaggio più quello di spedizione, le arriverà tutto all’incirca fra… tre minuti. Può andarle bene?
LARES (Gridando) Fra tre minuti non sentirò più gli occhi, il naso, la lingua e le mani.
Lafar fa cenno a Lares di stare zitto.
LARES (Gridando) Hai visto il mio sesto senso?
LAFAR Non c’è di che, grazie a Lei. Ma non c’è di che, grazie a Lei. Pausa. Non c’è di che.
LARES (Gridando) Dov’è il mio sesto senso?
LAFAR A presto, a prestissimo, a prestissimissimo.
Lafar, soddisfatto, posa la cornetta. Prende il nastro adesivo, pronto a crociare orecchie, occhi, naso, mani e lingua di Lares.
LARES (Gridando) Hai visto il mio sesto senso?
LAFAR No. Sei impazzito, forse…?
LARES (Gridando) Ho bisogno del mio sesto senso, subito. Non so se esiste, ma ne ho bisogno. Pausa. Non ho più tutti gli altri.
LAFAR Se esiste… (divertito) devo telefonare alla Mamma per venderle anche quello.
Lafar scoppia in una risata rumorosa.
LARES Certo, perché per te io posso perdere i miei sensi, giusto? E a suon di mazzette, giusto?
LAFAR (Tranquillamente) Tu oggi mi sa che vai a letto senza cena.
LARES Dov’è finito il rispetto per la mia dignità?
LAFAR Ho una strana sensazione di déjà vu.
LARES Qualsiasi cosa io sia, in qualsiasi mondo io sia, quello che mi fai è un/
LAFAR E io odio assistere a scene già viste, capito?
LARES Non m’ importa, mi sto ribellando.
LAFAR Ma smettila! Tanto sappiamo tutti e due come va a finire.
LARES Sì: finisce che io mi sento cambiato, elevato/
LAFAR No: finisce che quando io ti dico che puoi essere libero, ma con lo stomaco vuoto, a te passa improvvissamente tutta questa smania di ribellione.
LARES Non è possibile.
LARES Ti dico di sì.
Il sole repentinamente tramonta e si accendono le luci di emergenza. Lafar si arrampica sul grande cesto e riempie le tasche del cappotto di tozzi di pane.
LARES Ma non mi dai neanche un piccolo tozzo di pane?
LAFAR Se domani mi presti servizio. (Lafar lancia un tozzo di pane a Lares il quale corre subito a raccoglierlo). Vieni qua, non ti sei ancora fatto crociare.
Lares si avvicina a Lafar. Lafar con il nastro adesivo crocia le orecchie, gli occhi, il naso, le mani, la bocca a Lares e gli dà una pacca sul sedere.
LAFAR Déjà vu Pausa. Non ho mai venduto un déjà vu.
Lafar e Lares si rifugiano ciascuno dentro il proprio CoCò (Lares, evidentemente con grossa fatica). Lafar si abbuffa di tozzi di pane e poi si addormenta. Lares si toglie pian piano, con dolore, il nastro adesivo; ne ripone i resti in una scatola; indossa il cappotto, mangia il tozzo di pane e infine si addormenta.
SCENA III. Lafar, Messaggero Cavoletto
Lafar e Lares sono andati a dormire da qualche istante. Tra le luci di emergenza, si intravede spuntare dietro alla parete di fondo (o dalle quinte) una canna da pesca con qualcosa attaccato all’amo: è il Messaggero Cavoletto (Voce Off), di carta crespa. La macchina scenica deve portare il Messaggero Cavoletto vicino al CoCò di Lafar, ma procede a stento, in modo visibilmente goffo. Il Messaggero Cavoletto, con voce sottile e timidamente, si rivolge alla mano che, fuori scena, tiene la canna da pesca. Ad ogni sua indicazione la macchina scenica si assesta.
MESSAGGERO CAVOLETTO Ecco, no. Un po’ più… un po’ più a sinistra. Per favore…?
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto a destra.
MESSAGGERO CAVOLETTO A… a sinistra. È possibile…? Ehm… La sinistra è di qua… eheheh, di qua.
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto a sinistra, ma eccessivamente in alto.
MESSAGGERO CAVOLETTO Giù? Un po’ più giù…? Un po’ tanto. Eheheh. Più giù.
Silenzio.
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehi. Silenzio. Ehi. Silenzio. Ehi! Silenzio. Ecco, io dovrei proprio andare più giù… Pausa. Gentilmente…?
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto più in basso. Un fascio di luce illumina lui e il CoCò di Lafar. Quest’ultimo dorme ancora placidamente.
MESSAGGERO CAVOLETTO Si potrebbe, ecco – se non è chiedere troppo – ecco… sparargli un po’ di luce… direttamente negli occhi? Ehm, si deve svegliare. Eheheh.
Aumenta l’intensità della luce sul CoCò. Lafar si sveglia e, accecato, mette la testa fuori dal suo CoCò per vedere che succede.
MESSAGGERO CAVOLETTO (Si schiarisce la voce. A Lafar, che guarda in giro senza alzare la testa) Cucù. Cucù. Cuuucù! Tu. Tuorlo d’uomo, che dormi in quel… guscio? Ventre plastificato? Larva?
LAFAR (Spaventato) …Pronto/dovesei/conchiparlo… ?
MESSAGGERO CAVOLETTO Sopra/alla/ tua testa.
Lafar si mette le mani in testa. Si sfrega la testa, i capelli, come se ci fosse un insetto.
MESSAGGERO CAVOLETTO Eheheh, sopra sopra.
Lafar alza la testa. Sempre terrorizzato.
MESSAGGERO CAVOLETTO Cuuucù, sono il Messaggero Cavoletto. Silenzio.Cuuucù sono il Messaggero Cavoletto. Pausa. Ehi, ho detto che sono il Messaggero Cavoletto!
LAFAR …Che frutto vuoi…?
MESSAGGERO CAVOLETTO Non bestemmiare, NON bestemmiare.
LAFAR Scusa, ma io non stavo/
MESSAGGERO CAVOLETTO NON bestemmiare! Pausa. Cucù, sono il Messaggero Cavoletto e ti porto il lieto annuncio. Il Grande Cavolo ha deciso che presto partorirai un figlio e il suo nome sarà/
LAFAR Chi è il Grande Cavolo?
MESSAGGERO CAVOLETTO Colui che è cambiato, elevato, al di là, al di sopra, fuori, altrove, ovunque.
LAFAR Lui davvero è/
MESSAGGERO CAVOLETTO Cambiato, elevato, al di là, al di sopra, fuori, altrove, OVUNQUE. Pausa. Di più non so.
LAFAR Una foto?
MESSAGGERO CAVOLETTO Non ama farsi vedere. Pausa. Il Grande Cavolo ha deciso che darai alla luce un figlio. Lo porterai per nove giorni nel tuo polso panciuto e, quando nascerà, sarà cavoloso e tu lo chiamerai… Bruxelles.
LAFAR Nel polso?
MESSAGGEO CAVOLETTO Panciuto. Nascerà cavoloso e tu lo chiamerai/
LAFAR Bruxelles. Ma com’è finito nel MIO polso?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehm… mistero.
LAFAR Ma perché proprio io?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehm…Mistero?
LAFAR Ma cosa me ne faccio io di un/
MESSAGGERO CAVOLETTO Ecco… mistero. Silenzio. Si sente il suono di una trombetta. Sing, c’mon!(Cantando come in un gospel) Il Grande Cavolo ti ha dato/ il figlio da crescere nel polso./ Con amore/ amore/ amore grandissimo,/ Lui si chiamerà Bruxelles./ Verrà alla Luce/ vedrà la Luce/ Tu hai visto la Luce?/ Fratello, te lo dico: hai visto la luce.
LAFAR (Commosso) Quale luce?
MESSAGGERO CAVOLETTO La luce!
LAFAR (Indicando il faro che gli ‘spara’ la luce negli occhi) Questa luce?
Pausa.
MESSAGGERO CAVOLETTO No, questa è artificiale.
LAFAR Non capisco di cosa parli, però… (commosso) mi viene da piangere!
MESSAGGERO CAVOLETTO Ti commuovo?
LAFAR (Commosso) Tantissimo. Quando canti poi…
MESSAGGERO CAVOLETTO (Sospira) Dovevo fare il cantante.
LAFAR (Commosso) Dovevi, Fratello.
Lunga pausa.
MESSAGGERO CAVOLETTO Ecco, adesso devo andare. Eheheh, ti saluto, mamma di Bruxelles.
LAFAR Aspetta, fratello: sono una mamma?!
MESSAGGERO CAVOLETTO Ti saluto, MAMMA di Bruxelles. Auguri anche al novello papà.
LAFAR Novello cosa?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehm… il papà. Ecco… il tuo compagno. Eheheh.
LAFAR E cos’è ìlpapa? Cosa gli dico?
Pausa.
MESSAGGERO CAVOLETTO Mistero. Pausa. E ricorda: ehm… Per nove giorni stai a riposo e NON/ bere alcolici.
LAFAR Neanche un digestivo?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehm… ecco… no. Ora vado. Pausa. (Alla mano che tiene la canna da pesca) Ehi. Silenzio. Ehi. Silenzio. Ehi! Silenzio. Ecco, io dovrei proprio andare… Silenzio. Gentilmente…?
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto in alto. Il fascio di luce che illumina lui e il CoCò di Lafar si spegne. Rimangono solo le luci di emergenza. Lafar si ritira nel suo CoCò, bacia il polso, lo accarezza, si addormenta.
SCENA IV. Lafar, Lares
Il sole sorge. Lares nel suo CoCò si sveglia e stiracchia. Mette il naso fuori dal CoCò, annusa l’aria, si sistema il giganto-cappotto ed esce.
LARES (Cantando e facendo ginnastica) Non è un giorno qualunque/ non è un giorno assopito/ non è un giorno tirchione./ Questo è/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari! (Sistemando il luogo degli affari) Non è un giorno qualunque/ non è un giorno assopito/ non è un giorno tirchione./ Questo è/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari! (A Lafar, che è ancora accucciato nel suo CoCò) Alzati, fannullone! Quanto vuoi farmi aspettare? Io ti avviso, sai? Al mio tre, ogni secondo che tu passi a poltrire è un panino tolto dallo stomaco. Dal tuo stomaco. Uno e… Tre.
LAFAR (Dal CoCò) E il due? Dov’e finito il due?
LARES Il due? Cos’è il due?
LAFAR Il due esiste e tu non puoi più far finta di niente.
LARES Caro mio, mi sa che oggi vuoi restare senza cena.
LAFAR Piuttosto ne ho bisogno il doppio, caro tuo.
Pausa.
LARES Tu rimani senza cena di sicuro. Alzati, ti ho detto!
LAFAR Neanche per idea. Il Grande Cavolo ha detto che devo restare a riposo, io.
LARES E chi caspita è questo/?
LAFAR NON bestemmiare.
LARES Questo Grande/
LAFAR NON bestemmiare.
LARES (Innervosito) Ah, l’hai voluto tu: adesso uso le maniere cattive.
Lares tira il cordone che lo unisce a Lafar.
LAFAR Ahia!
Lares tira il cordone che lo unisce a Lafar.
LAFAR Ahia! Ti prego fermati!
LARES Non prima di averti avuto sotto il mio sguardo.
Lares tira il cordone che lo unisce a Lafar.
LAFAR Ahia! Fai male a Bruxelles!
Lares esce velocemente dal CoCò: ha ancora indosso il giganto-cappotto. Silenzio.
LARES Che nuova sceneggiata è mai questa?
LAFAR Non sto affatto sceneggiando: io sono. Incinto.
LARES Oggi parli in modo strano e questo non mi piace per niente.
Squilla il giganto-telefono. Lares si controlla l’alito, le ascelle e al terzo squillo risponde.
LARES Buongiornoconchiparlopossoaiutarla? Pausa. Sì. Mi dica. Sì. Sì. (Coprendo la cornetta, a Lafar, sottovoce) E togliti subito quel cappotto! (Al telefono) Sì.
Lafar strappa la cornetta dalle mani di Lares, il quale rimane a bocca aperta (letteralmente).
LAFAR (Al telefono) Le cose di cui Lei ha urgente bisogno per nove giorni non sono in vendita, mi ha sentito? No, no e poi no, Le dico. Per nove giorni ci sono ben altre priorità. Sì. Priorità con la pancia e di polso.
Lafar depone la cornetta e la lascia fuori posto.
LAFAR (A Lares, fiero) Oggi/ niente/ mercato.
Pausa.
LARES (Assalendo Lafar fisicamente) Io ti strozzo, io… io ti strozzo, ti strizzo, ti struzzo con la testa nel cemento, capito? Come/ ti/ permetti?!
LAFAR (Che sta soffocando) Sono/ una/ mamma.
Lares si allontana da Lafar.
LARES Adesso alzi quella cornetta, ti togli il cappotto e incroci le dita che un cliente richiami. Perché se io stasera rimango senza pane per colpa tua, mangio te al posto del pane. Intesi?
Pausa.
LAFAR (Ancora afono) Mi è apparso il Messaggero Cavoletto. (Prende fiato.)Aveva una voce stupenda. (Prende fiato.) Mi ha detto che tra nove giorni partorirò un figlio: Bruxelles. (Prende fiato.) Ce l’ho nel polso. Tu sei “ìlpapa”.
LARES Cosa sarebbe “ìlpapa”?
LAFAR (Prende fiato, afono) Non lo so. (Con voce ritornata normale) Penso significhi che Bruxelles è anche tuo. Tuo e mio. É un regalo del Grande Cavolo.
LARES I regali non mi piacciono. E poi chi è questo/
LAFAR NON bestemmiare.
LARES L’hai detto tu che si chiama Grande/
LAFAR NON bestemmiare!
LARES Cavolo. Mi puzza di… di imbroglio! Tu ti sei inventato tutto per farmi perdere tempo. Ecco cosa stai facendo!
LAFAR Io aspetto Bruxelles e ne ho le prove.
LARES Vediamole, dai: vediamole, fannullone.
Lafar si ascolta il polso destro e lo porge a Lares. Lares ascolta. Pausa.
LARES Qui dentro c’è/
LAFAR Bruxelles.
LARES (Ascoltando il polso) Fa impressione. Questo coso fa impressione! (Non ascolta più il polso. Irritato) Dov’è questo Grande Cavolo? Voglio sapere chi è dov’è! Questo è uno/
LAFAR Cambiato, elevato, al di là, al di sopra, fuori, altrove, OVUNQUE.
LARES Lo so io cos’è! Non mi vuole far vendere, quello lì! Chi, dimmi chi è così stupido da comprare un polso con un coso che si muove dentro?! Chi? Fa schifo.
LAFAR Non dirlo.
LARES Fa schifo!
LAFAR (Ascoltando il polso) Ecco, l’hai fatto piangere. Guarda che ti sente.
LARES E che mi senta pure! (Al polso che racchiude Bruxelles) Non mi piaci per niente, mi hai capito?
LAFAR (Proteggendo il polso) Non ti meriti di essere ìlpapa, non te lo meriti proprio.
Lares rimette la cornetta a posto. Squilla il telefono. Lares risponde precipitosamente.
LARES Buongiornoconchiparlopossoaiutarla? Pausa. Sì, mi dica. Pausa. Lei ha/ un problema di?/ carattere/ perchè le manca un?/ polso. Pausa. (A Lafar) Prega che non sia il destro.
Lafar nasconde il polso sotto il cappotto.
LARES (Al telefono) Il polso? Pausa. Destro. (A Lafar) E adesso? E adesso?
Lafar strappa la cornetta dalle mani di Lares.
LAFAR (Al telefono) Mi dispiace, ma il mio polso non è vendita. Ci porto dentro un figlio, sa? Un figlio CAVOLOSO.
Lares strappa la cornetta a Lafar.
LARES (Al telefono) Perdoni ilmiocarocollega… Il polso destro è in vendita e ad un prezzo stracciato, per via di quel… piccolo inconveniente. Pausa. (Rallegrandosi sempre di più) Lei sarebbe/ molto felice di/ avere un coso nel?/ polso che?/ le faccia compagnia! Ma certo: compagnia!
LAFAR Un coso che fa compagnia?!
LARES (A Lafar, felice e rincretinito) Non è stupendo, eh? Non è fantastico? (Al telefono) 500 mazzette.
LAFAR Solo 500 mazzette?!
LARES (Facendo un cenno di approvazione a Lafar) Scusi, sono mortificato, volevo dire 600: sei, non cinque. Mi si è arrotolata la lingua. Pausa. Quello che dico anch’io! Un polso con un coso dentro è un affarone!
Lafar strappa la cornetta dalle mani di Lares.
LAFAR Non è un coso: si chiama “Bruxelles” e… fa compagnia soltanto a me: punto.
Lafar butta la cornetta a terra. Lares si precipita a prenderla.
LARES Pronto? Pronto? Pausa. Pronto!
Silenzio.
LAFAR Oggi/ niente/ mercato.
Pausa.
LARES (Assalendo Lafar fisicamente) Io ti sfascio… io ti sfascio, ti sfaccio, ti disfo da quel coso del cavolo! Te lo cavo io quel coso! (Prende il polso di Lafar. A Bruxelles) Mi vuoi rovinare, ma io ti rovino prima, cosetto! Il polso, te e il tuo Grande Cavolo! Pausa. (A Lafar) Rimetti la cornetta a posto.
Lares tira il cordone che lo lega a Lafar fino a costringere Lafar accanto a lui. Poi, con la forza, lo obbliga a piegarsi e a rimettere la cornetta a posto. Pausa. Squilla il telefono. Lares si ricompone.
LARES Buongiornoconchiparlopossoaiutarla?
LAFAR (Al polso, sottovoce) Bruxelles, non ti spaventare, va bene? (Urlando, a Lares) Io ti avviso: sto per saltare sopra al telefono e lo faccio a pezzi.
LARES (Coprendo la cornetta) Ti ordino di smetterla.
LAFAR (Urlando) Io adesso salto sopra la cornetta, perché oggi non è un giorno qualunque.
LARES (Coprendo la cornetta) Non ti do più da mangiare, capito?
Lafar prende la cornetta dalle mani di Lares.
LAFAR (Al telefono) È il tempo del Grande Cavolo, lo sa? E nessuno lo può fermare!
Lafar ripone la cornetta sul telefono. Sistema il telefono davanti a sé, si rimbocca le maniche, saltella sul posto e poi si allontana per prendere la rincorsa e buttarsi sull’apparecchio.
LARES (Sempre spaventato) Calmati… “fratello”.
LAFAR (Saltellando sul posto) Non voglio che maltratti Bruxelles.
LARES Giurogiurogiuro: io d’ora in poi sarò gentilissimo.
LAFAR Bruxelles è cavoloso e tu non te lo meriti.
LARES Non me lo merito, no, non me lo merito.
LAFAR Me lo merito solo io e… Colui che lo ha creato.
LARES Hai ragione, hai ragione: tu e quel Grande/
LAFAR NON bestemmiare.
Pausa. Lafar si ferma. Silenzio. Si avvicina con calma al telefono.
LAFAR (Al polso, dolcemente) Piccolino, vero che non sopporti quel brutto telefono? (Simulando di dare delle sberle al telefono) Cattivo telefono, cattivo cattivo. Brutto, brutto, brutto. Pausa. Come sarebbe bello vivere in un mondo senza cornette, insieme… Vero, Bruxelles?
LARES (Fra sé) Pff, non esiste un mondo senza cornette…
LAFAR (A Lares) E, invece, sì! Il mondo del Grande Cavolo. Lui… Lui sì che è cambiato, elevato, al di là, al di sopra, fuori, altrove, ovunque.
LARES …Lui sì?
LAFAR E altrove sì che Bruxelles crescerebbe bene. Non come in questo… mercato di… di cornette… di.. di cornetti, di scornati.
Lunga pausa.
LARES Hai proprio ragione, sai?
LAFAR Lo so.
LARES Altrove sì che Bruxelles crescerebbe bene…. anzi, molto bene. Pausa. Sai cosa facciamo? Mi hai convinto: oggi/niente/mercato. Ci sono ben altre priorità, giusto?
LAFAR Con la pancia e di polso.
LARES Ben detto: oggi la mamma e Bruxelles si riposano e ìlpapa pensa a come far crescere “molto bene” il suo figlioletto.
LAFAR Solo una mamma capisce cosa vuol dire portare un Bruxelles nel polso. E son cose che non si dimenticano, sai?
Mentra Lafar coccola il polso, Lares si arrampica sul grande cesto e riempie le tasche del cappotto di tozzi di pane. Dà un tozzo di pane a Lafar. Poi un altro. Poi un altro ancora.
LARES (A Lafar) Va’, caro mio: mangia e riposati, il doppio.
Lafar fa per andare nel suo CoCò.
LAFAR (Girandosi per un attimo verso Lares. Commosso) Grazie, fratello.
LARES Non c’è di che. Oggi bisogna festeggiare e riposare… Alla malora quella… “cornettaccia”.
Lares fa una pernacchia alla cornetta. Lafar sorride, rincretinito. Lafar e Lares entrano ciascuno nel suo CoCò. Lafar mangia i tozzi di pane e si addormenta. Il sole comincia a tramontare, piano piano. Dopo qualche istante Lares si sporge dal Cocò.
LARES Grande Cavolo che sei Ovunque, parliamo in modo serio. Ti offro una grandissima opportunità, quindi apri bene le orecchie – se ce l’hai. Io, che sono un buonissimo ìlpapa, per il bene di mio figlio Bruxelles, te lo riaffido, perché… Altrove vivrebbe molto meglio. E so che ne sarai felice anche tu… è un cosetto così spaciale, così di compagnia… Io te lo riaffido. Lunga pausa. Al modico di prezzo di 1000 mazzette e 99 cent.
Lares si rifugia dentro il suo CoCò. Si accendono le luci di emergenza.
SCENA V. Lares, Messaggero Cavoletto
Lafar e Lares sono andati a dormire da qualche istante. Tra le luci di emergenza, si intravede spuntare dietro alla parete di fondo (o dalle quinte) una canna da pesca: è il Messaggero Cavoletto (Voce Off), di carta crespa. La macchina scenica deve portare il Messaggero Cavoletto vicino al CoCò di Lares, ma procede a stento, in modo visibilmente goffo.
MESSAGGERO CAVOLETTO (Alla canna da pesca) Ecco, no. Un po’ più… un po’ più a destra. Per favore…?
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto a sinistra.
MESSAGGERO CAVOLETTO A… a destra. È possibile…? Ehm… La destra è di qua… eheheh, di qua. Pausa. Insomma: di qua e più giù. Questa volta non posso perdere tempo…
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto a destra e più in basso. Un fascio di luce illumina lui e il CoCò di Lares. Quest’ultimo dorme ancora placidamente.
MESSAGGERO CAVOLETTO Ecco, non vorrei ripetermi, ma… la luce. Sparategli la luce negli occhi.
Aumenta l’intensità della luce sul CoCò. Lares si sveglia e, accecato, mette la testa fuori dal suo CoCò per vedere che succede.
MESSAGGERO CAVOLETTO Tuorlo d’uomo, che dormi in quel… guscio? Alza la testa.
Lares alza la testa.
MESSAGGERO CAVOLETTO Cucù, sono il Messaggero Cavoletto.
LARES Davvero? Come siete ben organizzati lì, “altrove”.
MESSAGGERO CAVOLETTO Sfotti?
LARES Certo che no. È che proprio poco fa ho invocato il tuo capo, quel Grande/
MESSAGGERO CAVOLETTO NON bestemmiare.
LARES Certo che no. Il Grande/
MESSAGGERO CAVOLETTO NON bestemmiare.
LARES E mi ha sentito subito.
MESSAGGERO CAVOLETTO E con chi credi di trattare?
LARES Era un complimento.
MESSAGGERO CAVOLETTO Eheheh. Pausa. Eheheh. Pausa. Eheheh… veniamo al dunque.
LARES Ti ascolto. E immagino che tu… insomma, che tu… sia qui per l’affare, vero?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ecco, sì, ma… ascoltami bene. (Formale, diretto)Cucù, sono il Messaggero Cavoletto e ti porto l’annuncio… eheheh, l’annuncio NON lieto. Il Grande Cavolo ha deciso che presto sparirà il figlio che hai nel polso.
LARES Guarda che il polso non è il mio…
MESSAGGERO CAVOLETTO Ne sei sicuro?
LARES Sicurissimo.
MESSAGGERO CAVOLETTO Eheheh. Pausa. Ti sbagli.
LARES Sei tu che stai sbagliando guscio, Messaggero.
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehm… no. Io sono nel giusto.
LARES (Porgendogli il polso destro) Senti? Qui dentro non c’è niente?
MESSAGGERO CAVOLETTO Sbagli polso.
LARES Ti sbagli tu, ti dico.
MESSAGGERO CAVOLETTO Tuorlo d’uomo, ecco… ehm… non farmi arrabbiare!Pausa. Sei sicuro di non portare niente nel polso? Nell’altro polso?
Lares ascolta il polso sinistro.
LARES Ma com’è possibile? Io non sono incinto! Non ero io ad aspettare quel/ Com’è successo?
MESSAGGERO CAVOLETTO Eheheh… mistero.
LARES Ma perché proprio io?
MESSAGGERO CAVOLETTO …Mistero?
LARES Ma io sono ìlpapà! Non la mamma.
MESSAGGERO CAVOLETTO Mistero. Pausa. Il Grande Cavolo ha deciso che NN darai alla luce un figlio. NON lo porterai per nove giorni nel tuo polso panciuto e, quando NON nascerà, tu NON lo chiamerai… Bruxelles.
Pausa.
LARES (Ascoltando il polso) Bruxelles, sei qui piccolino…?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ancora per poco. Eheheh… è meglio che lo saluti.
LARES Cosa significa “per poco”?
MESSAGGERO CAVOLETTO Per pochissimo. Pausa. Ecco… adesso mi sa che è sparito. Eheheh.
LARES (Ascoltando il polso) Piccolino…? Piccolino speciale, ci sei? Bruxelles, mi senti?
MESSAGGERO CAVOLETTO Il Grande Cavolo se lo è preso.
LARES Di già? Così? Senza lasciarmelo salutare?
MESSAGGERO CAVOLETTO Ehm… gliel’hai venduto, ma… non te l’ha comprato.Pausa. Ecco, adesso devo andare. Eheheh, ti saluto, NON più mamma di Bruxelles.
LARES Aspetta: non sono una mamma?!
MESSAGGERO CAVOLETTO Ti saluto, eheheh. (Alla mano che tiene la canna da pesca) Ehi. Silenzio. Ehi. Silenzio. Ehi! Silenzio. Ecco, io dovrei proprio andare!
La macchina scenica sposta il Messaggero Cavoletto in alto. Il fascio di luce che illumina lui e il CoCò di Lares si spegne. Rimangono solo le luci di emergenza. Lare si ritira nel suo CoCò, bacia il polso, lo accarezza, gli canta una ninna nanna.
SCENA VI. Lafar, Lares.
Il sole sorge. Lafar nel suo CoCò si sveglia e stiracchia. Mette il naso fuori dal CoCò, annusa l’aria, si sistema il giganto-cappotto ed esce.
LAFAR (Cantando e facendo ginnastica) Non è un giorno qualunque/ non è un giorno assopito/ non è un giorno tirchione./ Questo è/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari/ il tempo degli affari! (A Lares, che è ancora accucciato nel suo CoCò) Alzati, fannullone! Quanto vuoi farmi aspettare? Io ti avviso, sai? Al mio tre, ogni secondo che tu passi a poltrire è un panino tolto dallo stomaco. Dal tuo stomaco. Uno e… Tre. Silenzio. Alzati! Silenzio. Alzati, ti ho detto! Silenzio.L’hai voluto tu: adesso uso le maniere cattive.
Lafar tira il cordone che lo unisce a Lares. Silenzio. Lafar tira il cordone che lo unisce a Lares. Silenzio. Lafar tira il cordone che lo unisce a Lares. Lafar, poiché stranamente Lares non si lamenta, si avvicina al CoCò di Lares.
LAFAR (Sporgendosi dentro il CoCò di Lares) Svegliati, fannullone! Cosa stai aspettando, eh?
LARES (Piangendo) Bruxelles… Bruxelles non c’è più.
LAFAR Il cosetto se n’è andato? Pausa. Ma è stupendo! Questo è il giorno degli affari, lo dicevo io!
LARES (Piangendo) Non ho potuto neanche salutarlo, dargli un’ultima carezza.
Pausa.
LAFAR (Agitato, frugando nel cappotto, nel CoCò di Lares e poi ovunque) Dove sono i soldi? Dove li ha messi quel Grande Cavolo? Pausa. Non li starai nascondendo? Pausa. (Urlando) Dove sono i miei soldi?
Buio
Di Marco Taddei