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Testo Vincitore I edizione

testi Urgenze 1
ACQUA ALTA (drammoletto) di Andrea Malpeli

PERSONAGGI:

REGISTA

AUTORE

DONNA

PRIMA SCENA

Un piccolo appartamento in una vecchia casa nel centro storico di Roma.

Il regista sta cucinando il sugo, mentre la pentola con la pasta sta bollendo.

L’autore è seduto ad una tavola apparecchiata davanti alla finestra che si affaccia sui tetti della città.

La donna ha appena consegnato al regista come regalo di compleanno, un paio di scarpe nuove, che lui ha appena scartato e aperto.

REGISTA

Dove le hai prese?

DONNA

Nel negozio all’angolo

REGISTA

Chi ti ha detto

di comprarmi delle scarpe?

DONNA

Sono morbidissime

Non sono morbide?

Il padrone mi ha detto

Guardi come sono morbide

Un guanto

REGISTA

Lo direbbero anche

di un paio di zoccoli

Non ho mai incontrato un venditore di scarpe

che non dicesse

Guardi come sono morbide

Non sembrano

un guanto?

Poi ti prendono la mano

Te la mettono sulla scarpa

come un bambino

quando ha paura ad accarezzare

un animale

e dopo sei così contento

di aver superato la paura

che dici tutto quello che vuole lui

DONNA (rivolta all’autore)

Sono morbide o non sono morbide?

AUTORE (imbarazzato)

REGISTA

Perché lui è gentile

Da quando è entrato

non ha fatto che dire cose gentili

Tutti quelli che vivono

oltre il raccordo anulare

sono gentili

Ha cominciato a dire

che la nostra casa era bella

quando era ancora

sulle scale

che sono così ripide

e buie

che sembra di essere

nella canna di un fucile

DONNA

Non è vero

REGISTA

E poi ti ha detto

che la vista dalle tue finestre

era splendida

DONNA

Le nostre finestre

REGISTA

Si vedono solo

tetti piccioni e panni stesi

Si è quasi aggrappato ai vetri

come se fosse un bambino

che per premio l’hanno fatto sedere

di fianco al macchinista nella locomotiva

e gli sembrasse di andare chissà dove

Dove va il tuo treno

autore?

AUTORE

Non lo so

Sei tu il macchinista

REGISTA

Ti piacciono i treni?

AUTORE

Mi piacciono i finestrini

REGISTA

I finestrini

possono essere pericolosi

AUTORE

Dipende dal macchinista del treno

REGISTA

Cuoco

macchinista

costumista

esperto di informatica

Quando la gente vede

che sai fare qualcosa

pensa

che sai fare tutto

ti si appende al collo

e poi

AUTORE

Poi

REGISTA

Il sugo si attacca…

Il treno si scontra con un altro treno

che non doveva esserci

a quell’ora di notte su quello stesso binario

i costumi prendono fuoco

DONNA

(ridendo) Che tragico!

(avvicinandosi per baciarlo mentre lui continua mescolare il sugo)

Ma se qualcuno

ti aiuta a guardare il sugo

e guarda i semafori nella notte

per vedere

se ci sono altri treni

REGISTA

Non le voglio

le tue scarpe morbide

Volevo un cappello

e tu mi regali

un paio di scarpe

DONNA

Un cappello?

REGISTA

Un cappello!

DONNA

Perché non me lo hai detto?

Io ho visto che le tue scarpe

avevano un buco

REGISTA

Lascia stare il buco nelle mie scarpe!

Non osare toccare i buchi nelle mie scarpe

DONNA

Perché sono più di uno?

REGISTA

Se uno ha un buco nelle scarpe

DONNA

(interrompendolo) E’ uno solo

o sono tanti?

REGISTA

Se uno ha un buco nelle scarpe

DONNA

Voglio solo sapere

se è un buco solo o sono tanti?

REGISTA

Voi gli comprate subito un paio di scarpe nuove

non pensate neanche che voglia tenersi il buco

il suo buco sacrosanto

nelle scarpe

E voglia un cappello

non pensate neanche lontanamente

che voglia un cappello

e lui invece

vuole un cappello

anche se non l’ha mai detto

Ma cosa serve fare dei regali di compleanno

se non indovini il regalo che uno vuole

senza che te lo abbia mai detto

Se non sei capace di indovinarlo

mentre lui si fa la barba

o cammina per strada guardando un vecchio

con un carrettino che vende i gelati

o mentre chiama un taxi

DONNA

A cosa serve una moglie

volevi dire vero?

REGISTA

Non l’ho detto

DONNA

Ma volevi dirlo

REGISTA

Non l’ho detto

La donna ripiega in silenzio la carta da regalo con cui era avvolta la scatola di scarpe.

REGISTA

Ti sei accorta che avevo un cappello

e che non ce l’ho più?

DONNA

Ancora con quella storia del cappello!

REGISTA

Me l’aveva regalato

il più grande attore marocchino

E io l’ho perso su un taxi

Uno stupido taxi

DONNA

Ti avrà chiesto

se eri un artista

Quando gli chiedono

se è un artista, si confonde

come un ragazzino

E poi perde le cose,

si dimentica di scendere dove deve scendere

REGISTA
Sei invidiosa perché a te nessuno
ha mai chiesto
se sei un’artista
DONNA
Lui fa colpo sui taxisti
Restano incantati
affascinati
Specialmente
quelli di una certa età
REGISTA

A te nessuno ha mai chiesto

Scusi, lei è un artista, vero?

DONNA

E’ vanitoso

Gli piace quando la gente si ferma

e si volta a guardarlo per strada

e vedi che resta un attimo in silenzio

a pensare: “Dove l’ho visto?”

REGISTA

Non è vanità

E’ credere in quello che si fa

Se sei un regista,

lo sei 24 ore al giorno

non lo sei solo

per il tempo limitato delle prove

lo sei anche quando esci da teatro

e cammini lungo il fiume,

o sotto i lampioni in una strada deserta…

E’ questo il mistero

Ognuno di noi

non smette di essere

quello che è

mai in nessun momento

anche nei momenti più banali e stupidi

Anche quando smette di fare il regista

perché è confuso

triste e disperato

quando si affanna a negare se stesso

E gli altri

gli sconosciuti

non quelli che vedi tutti i giorni

quelli con cui vai a letto

o quelli con cui mangi

no,

gli sconosciuti,

quelli che non sanno nulla di te

che non ti hanno mai visto,

ti guardano

e sentono

quella fedeltà misteriosa

Non è bello?

Mi fa impazzire questa cosa

Non vi fa impazzire?

che abbiamo bisogno di uno sconosciuto

per sapere chi siamo

Non è così autore?

AUTORE

DONNA

E’ pronto il sugo?

REGISTA

Ci vuole il suo tempo, no?

La donna si accorge che la sua camicia da notte è stata usata come tenda sulla finestra del bagno.

DONNA

Ma quella

è la mia camicia da notte

Ma vaffan’culo

Tu

la mia camicia da notte

non la usi come tenda

va bene

Mettici la tua camicia

sulla finestra del bagno

va bene

Mettici

La tovaglia

Mettici

la stuoia del mare

Mettici

quello che vuoi

ma non

la mia camicia da notte

va bene

SECONDA SCENA

La donna con un mazzo di rose seduta su un baule appoggiato sulle passerelle usate a Venezia durante l’acqua alta.

DONNA

Gli uomini sono tutti così

ti raccontano un sacco di bugie

E’ più forte di loro

Anche gli artisti

Soprattutto gli artisti

All’inizio ti sembrano diversi

Ti sembrano così diversi che credi a tutto quello che ti dicono

Non so quand’è che cominci a credergli,

cos’è che fa sì che tutto quello che ti hanno già detto

migliaia di altre persone

Migliaia! Non esageriamo!

Continuando a stare con loro finisce che prendi le loro abitudini

Loro esagerano

Qualsiasi cosa ti dicono devono sempre esagerare

all’inizio forse lo fanno per farti ridere,

poi diventa il loro modo di parlare

il loro modo di schiacciarti

sotto un evidenza contro cui dopo un po’

non hai più la forza di opporti

Stavo con un regista

Finché un giorno

non è arrivato quell’autore

Con lui ero partita giusta

Ero sicura che non mi sarei mai innamorata

Era impossibile

Perché era un disastro

un vero disastro

Se gli chiedevi com’era andato il viaggio in treno

era capace di parlarti per dieci minuti dei campi di mais,

del mais che era così alto

che quasi toccava la pancia dei fili del telefono

e copriva tutti i finestrini

Come un’alta marea

E tu lo guardavi e pensavi: “Senti cos’hai? Ti è morto qualcuno?

Hai le scarpe strette?

Ti fanno male le scarpe?

Se vuoi togliertele, fai pure

Sono abituata

Un massaggio no, quello non te lo farei

ma se mi chiedi una stanza buia

completamente buia

per buttarti sul letto e non pensare più a niente

Basta che non ti butti dalla finestra

Alcuni amici di mio marito mi hanno chiesto una stanza così, buia,

per non pensare più a niente

e poi invece che sul letto si coricavano sul pavimento

al buio

E tutto era così in silenzio

che ti veniva voglia di andare a spiare se c’erano ancora

Come il mago Oudini

che si faceva chiudere dentro un baule

e poi spariva

Bussavi

Ma lui, mio marito, non voleva

Non siamo mai stati marito e moglie

anche se io all’inizio l’avrei sposato

Forse gliel’ho anche chiesto

Lo so che adesso mi sono giocata la vostra stima

Ma è la verità

e da quando sto con l’altro, l’autore (interrompendosi di colpo)

Ecco ve l’ho detto

non volevo dirvelo fino alla fine

e invece ve l’ho detto

Sì, perché da quando sto con l’altro

l’autore

io ho imparato a dire tutto

All’inizio volevo sposare anche lui

io non so perché all’inizio

voglio sempre sposare tutti

Ma poi ho capito che con lui poteva essere diverso

voi direte, ci risiamo

No non è come credete voi, non è che pensavo,

che con lui era diverso,

che lui era diverso da tutti gli altri che avevo incontrato prima

No, è che pensavo che doveva essere diverso

Che dovevo

e potevo dirgli

quello che pensavo

perché lui era un tale disastro

che mai avrei potuto

innamorarmi

perché quello che ti frega

è quando tu cominci a pensare

che potresti innamorarti di qualcuno

E’ l’inizio che ti frega

quell’inizio di cui non ti accorgi quasi

Ci si affeziona alle idee

noi donne ci affezioniamo

senza saperlo

prima a un’idea

a qualcosa che non esiste

perché tutto quello che esiste non ci basta, no

e da quell’idea

senza accorgercene,

andiamo avanti

e da quell’idea nuda e semplice

passiamo a un momento, a una situazione, a un dettaglio

di una persona

il sorriso

un’inflessione di voce

e poi alla sua voce

alle sue parole

Ma con lui ero tranquilla

anche se mio marito

sì insomma il compagno con cui stavo

e di cui ero convinta di essere innamorata

mi diceva che aveva “grazia”

io sapevo dentro di me

con tutta me stessa

che lui era un disastro

un tale disastro

che forse ho cominciato a ridere dentro di me

senza darlo a vedere

e così non avevo paura

a fargli delle domande impertinenti

che non avrei mai fatto a nessuno

domande tipo

Che cos’è la grazia?

come se mi risvegliassi in quel momento

da un lungo letargo

Mio marito pensava che fosse la leggerezza

ma sia che l’autore

abbiamo capito che

è il più grande nemico della grazia

un nemico mortale

Lui ha capito

che io avevo capito

che non poteva essere così

Ha capito che non sapevo

che non avevo la minima idea

di cosa fosse la grazia

Ma ha capito che sapevo

che non era la leggerezza

e per nessuna ragione al mondo

avrei fatto finta di pensare che lo fosse

Era un inizio

ma non un inizio

di innamoramento

come era sempre successo

ma un inizio

di qualcos’altro

Era il giorno del suo compleanno

e gli avevo comprato un paio di scarpe

Avevo visto che le sue avevano dei buchi

e glien’ho comprato un paio morbide

morbidissime

E si è messo a gridare,

a dire che a lui piacevano i buchi nelle scarpe

e per nessun motivo avrebbe voluto

un paio di scarpe nuove

e che quello che avrebbe desiderato

era un cappello

Un cappello? gli ho chiesto io

un cappello mi fa lui

E diceva che un regalo ha senso

quando si indovina

un desiderio nascosto

di qualcuno,

e che una moglie

serve a indovinare i desideri di qualcuno

se no a cosa serve

Io avrei voluto farmi chiudere

in una stanza buia

come quei suoi amici che si sdraiavano sul pavimento

e poi non si sentiva più nulla

Ma invece l’ho guardato

E a quel punto mi sono accorta

che aveva messo la mia camicia da notte

sulla finestra

al posto della tenda che si era rotta

E gli ho detto Vaffanculo!

Tu la mia camicia da notte

non la metti sulla finestra come un tenda!

E sono andata a tirarla via dal vetro

e ho lasciato la finestra nuda

senza tenda

Lui si è messo a ridere

anche se faceva il sugo per l’autore

so che rideva

mentre io come una furia

andavo a riprendermi la mia camicia da notte

Mettici una tua camicia!

Mettici una tovaglia

mettici la stuoia del mare

Quello che vuoi! Ma non azzardarti

a toccare la mia roba

per metterla sul vetro della finestra del bagno

E mi ricordo di aver pensato

che in fondo quella che lui chiamava

la gentilezza

e anche la grazia dell’autore

che io da subito avevo chiesto cosa fosse

come avessi capito

che si stavano semplicemente riempiendo la bocca

di qualcosa che non sapevano neanche loro cosa fosse

stavano esagerando

come fanno tutti gli uomini

che prima lo fanno per ridere

e poi per schiacciarti

ho cominciato a sospettare

se non addirittura a capire

che in fondo la gentilezza dell’autore

e i capricci di mio marito

fossero la stessa e identica cosa

le facce diverse della stessa medaglia

Finché non ci siamo detti tutto

quel giorno

a Venezia

con l’acqua alta

Venezia quando c’è l’acqua alta

sembra che diventi

la città dei topi

li vedi dappertutto

sulle passerelle insieme ai turisti

o a quelli che non si vogliono bagnare i piedi

sulle gondole

sui vaporetti

sulle barche da trasporto

sui muri dei giardini

e sui piatti lasciati sui tavoli dei ristoranti

sui parapetti dei ponti

Insomma lo spettacolo era andato male

L’autore aveva una faccia da funerale

e sembrava che avesse un coltello

nascosto sotto la giacca

Ma invece del coltello

poteva essere anche l’elenco dattiloscritto

delle cose che doveva dirgli

Pensavo che quelle passerelle

erano lo scenario più adatto per il loro incontro

Ogni donna desidera

almeno una volta nella sua vita

vedere due uomini che si battono per lei

Ma non avrei mai immaginato

di dover giocare una parte nel loro incontro

L’autore gli ha detto

che era un follia

essersi concentrato tutto il tempo delle prove

sulla ricerca di quel numero sterminato di diapositive

di miniature del Corano

e di aver dimenticato completamente gli attori,

la recitazione

Si era accorto che mancavano

ben due attori?

La madre e il padre

Come si faceva ad andare in scena alla prima

senza due attori?

Lui gli ha detto che l’attore

che faceva il padre

era malato

Si era ammalato improvvisamente

Ho visto l’autore ondeggiare sulla sua passerella

pur non essendoci nessun topo

che correva né davanti, né dietro di lui

Pur essendo l’acqua immediatamente sotto di lui

calma come un olio

Ondeggiava per l’evidenza della bugia

per l’assurdità della scusa

Perché ho notato che quello che fa arrabbiare di più gli uomini

non sono le bugie

ma le bugie evidenti

le bugie raccontate male

senza amore

forse per questo credono

di aver bisogno di noi

almeno finché siamo disposte a raccontargliele con amore

Allora il mio ex, ha detto

che le diapositive dei disegni del Corano

le aveva messe perché il testo raccontava

dei sogni di giovani adolescenti

e l’unica cosa che dava l’idea dei sogni

erano quelle bellissime miniature del ‘500 del Corano

L’autore ha ondeggiato ancora

ma a quel punto ci siamo accorti

che forse l’ondeggiare

era la sua condizione normale

Ondeggiava terribilmente

aveva sempre ondeggiato

anche se noi

né io né mio marito ce n’eravamo mai accorti

Ondeggiava indubitabilmente per l’emozione

Un’emozione che lasciava me e il mio ex marito stupefatti,

ma che inclinava lui verso il riso,

e me verso la pietas

L’autore ha chiesto,

ondeggiando sulla passerella sospesa sull’acqua

cosa c’entravano i sogni

di alcuni semplici adolescenti

della periferia di una città marocchina

con la dimensione di sogno

evocata dalle miniature cinquecentesche del Corano

E lì, mio marito, il mio ex marito,

ha risposto che erano favole,

erano favole le sue,

quelle dell’autore

e quelle illustrate sulle pagine del Corano,

in quelle edizioni preziose e sontuose

Magnifiche

francamente magnifiche,

tutti l’avevano detto

sì, perché lui era stanco

di quell’immagine

che i mass-media propagandavano del mondo

e della cultura araba,

un mondo di miseria,

di squallore

Lui voleva attraverso il suo spettacolo

capovolgere l’immagine

di miseria e di squallore del mondo

e della cultura araba

e dare un’immagine di magnificenza

di splendore

Allora l’autore ha chinato la testa

come uno che guarda in fondo a un pozzo

E la passerella non ha ondeggiato per nulla

è rimasta immobile

Come se sotto di lui non ci fosse più Venezia

e l’acqua alta,

l’acqua della laguna

con i topi che fuggivano dappertutto,

ma la terra dura

e sigillata

come una bara

con la fiamma ossidrica…

E Veltroni? ha detto l’autore

dal fondo di quel suo pozzo nero

in cui si vedeva perfettamente

che era sprofondato

Veltroni!

Veltroni era il coltello

che aveva nella tasca della giacca

si vedeva benissimo

Veltroni? ha chiesto il mio ex

quello che cominciavo a sentire come il mio ex

Avevi detto che avremmo fatto un laboratorio insieme

tu avresti fatto le prove dello spettacolo

e intanto io avrei tenuto un laboratorio

con i figli degli immigrati

a Roma

e che avremmo dovuto interagire

Lanciava punti di domanda

come fossero ferri di cavallo

intorno a un palo nel prato

Veltroni non mi ha mai risposto

ha detto il mio ex

dopo un momento di smarrimento

e di panico evidente

Sapevo che mentiva

Ma non sapevo quanto

Sapevo che l’aveva incontrato un giorno al parco

E forse Veltroni gli aveva chiesto

mi dica un suo desiderio

come il pescatore

che pesca il pesce d’oro

nella favola,

no?

E lui forse si era confuso

perché non se l’aspettava

avrebbe dovuto dormirci una notte

e forse gli aveva chiesto un posto fisso

invece che il laboratorio

Perché quando incontriamo un uomo importante

prima ci manca la voce

sparisce del tutto

e poi gli chiediamo un posto fisso

Poi vorremmo tornare il giorno dopo

come nella favola del pesce d’oro

ma lui il pesce non c’è più

Ma forse Veltroni gli aveva chiesto aiuto

solo per gonfiare la ruota della sua bicicletta

E lui l’aveva aiutato

E poi Veltroni era partito velocissimo

in bicicletta

per andar a incontrare Letta o Storace

che mangiava il pesce a Ostia

Insomma ho capito che per lui

per l’autore

tutto il nodo era lì

in quell’alternativa

tra laboratorio finanziato da Veltroni

e teatro professionale

con le cinquecento diapositive sulle miniature del Corano

e le bugie sugli attori malati

mutilati

dispersi

frantumati

Ma io capivo che era una falsa alternativa

e che quel suo sentirsi tradito

era ridicolo

semplicemente ridicolo

perché tutto cominciava prima

molto prima

Tutto cominciava dalla sua maledetta gentilezza

perché adesso cominciavo ad arrabbiarmi

un po’ con lui

come se qualcosa di quel suo ondeggiare

sulla laguna piena di topi

mi avesse contagiato

come se anch’io provassi emozioni simili

e diverse

che non riuscivo e non volevo tenere nascoste

Sì, perché era la sua gentilezza

che l’aveva spinto a tirarsi indietro

come fanno tutti gli italiani

dai tempi di Machiavelli in poi

invece di buttarsi nella mischia

tirarsi indietro

e restare al finestrino

come aveva detto quel giorno

che era venuto nella nostra casa a Roma

Anzi come gli aveva detto il mio ex

che gli aveva detto

che sembrava un bambino

che per premio era stato fatto sedere di fianco al macchinista del treno

Era la gentilezza

che l’aveva spinto a tirarsi indietro

per lasciar fare ai professionisti

sperando che i professionisti

facessero un passo verso il laboratorio di Veltroni

invece di essere lui

a dire con coraggio

e decisione

no

alla lusinga del professionismo

e sì

al laboratorio

con gli immigrati

non a Roma

ma nella periferia

dove lui aveva incontrato

tutti gli eroi

della sua commedia/tragedia

o dramma corale

o quello che era

perché

se ti tiri indietro

se non ti butti nella mischia

come diceva Machiavelli,

gli eserciti stranieri

invadono l’Italia

e gli stranieri

sono i professionisti,

perché il professionismo è una macchina

che ti inghiotte

e non ti lascia più libertà

ti fa tradire tutto

amici

ideali

e poi inevitabilmente

anche te stesso

Perché si deve lavorare

fare carriera

E prima del professionismo

quello di cui ha bisogno il teatro

anzi no, il mondo

oggi

forse, è la verità

a costo che i mezzi all’inizio

siano inadeguati

inefficaci

e incerta

l’espressione

E tutto questo gliel’ho detto

gliel’ho detto con tutta la forza che avevo

E anche il mio ex mi guardava

come se non mi riconoscesse

Perché subito dopo

ho aggiunto

che per me la sua gentilezza

quel suo ritrarsi

e lasciar fare

era lo stesso vizio di mio marito

quella mania di grandezza

che lo spingeva a inseguire

come un’ossessione

come una mania

le 500 diapositive

un archivio immenso

e inutile

una perfezione

tanto più mostruosa

quanto più morta

come la polvere

su quei libri antichi

da cui le diapositive erano tratte,

o come i topi

che passeggiavano sulle passerelle

della città

in quel pomeriggio

L’autore ha chinato la testa

come se guardasse in fondo al suo pozzo

che non si capiva bene dove fosse

Poi ha fatto una specie di discorso funebre

che non c’entrava niente

e che se,

se lo risparmiava,

era meglio

Ma fa sempre parte

di quell’esagerazione di tutti gli uomini

E ha detto che per lui

la grazia

non era mai stata

la leggerezza

ma la capacità di esserci

fino in fondo in una situazione

al punto da trasformarla

da superarla

o da dialogare con qualcosa che ai più

sembra invisibile

finché qualcuno

un bambino, un’adolescente, un uomo

in un raro momento di libertà,

non lo rivela

Ha detto che prima

di quell’avventura

nel mondo del teatro dei professionisti

spiegava Pasolini a scuola

e che l’errore era stato pensare

di poter smettere di farlo

LO SBAGLIATO di Francesca Sangalli

Nota ad uso e consumo di chi mette in scena:

La didascalia, quando è un personaggio che interagisce commentando freddamente la scena, le azioni e i moti interiori dei personaggi.

Personaggi:

La didascalia

La drammaturga

Il regista

L’attore che si autoproduce

Didascalia:

Tavolino da marciapiede in un bar in fronte a un noto teatro del centro di Milano ricavato da un’antica villa dove prima del 1900 la bisnonna della drammaturga era figlia dei portieri dell’edificio.

Attorno a questo tavolo, nell’happy Hour, tra frittatine e tacos al peperoncino, si riunisce il cuore delle nascenti promesse del teatro italiano: tre persone

La drammaturga: una ex attrice dall’aspetto invitante, inconsapevole di essere a un passo dall’esaurimento nervoso, un regista che deve finire di pagare il mutuo e che prima o poi metterà su famiglia, un attore, produttore, imprenditore e ideatore di se stesso.

Guardano verso le porte d’ingresso del teatro, fumano e sorseggiano il “negroni sbagliato*” perché sono alternativi anche al negroni, sono l’alternativa, sono fieri della loro nascente impresa.

*nota per il pubblico ultra-trentenne e per tutti quelli che abitano ad Apiro:

Lo sbagliato è un aperitivo creato nel Bar Basso di Milano negli anni sessanta dal bartender Mirko Stecchetto, differisce dal Negroni, classico aperitivo di origini fiorentine, per la presenza dello spumante brut in sostituzione del gin. Il drinkdiventa così più leggero grazie alla minore presenza alcolica, è tipicamente Milanese e se ne può bere in maggiore quantità prima di star male. Viene anche chiamato più comunemente “Lo sbagliato”

Il regista sta sfogliando un copione. Il produttore-attore sta esagerando. La drammaturga non regge molto l’alcol.

Drammaturga:

Non mi va più di fare l’attrice, ho perso interesse.

Ho passato Agosto a fissare i tubetti di marmellata nella cantina. Albicocche 2004, arance 2004.

Passavo la notte lì in cantina a guardare barattoli di marmellata. E di giorno vedevo mio nonno che non sa più infilarsi la minestra in bocca e si toglie la dentiera a tavola.

E io vomitavo.

Attore che si autoproduce:

E per fortuna. Cioè secondo me te eri brava come attrice, ma stavi male. Ora hai un aspetto migliore, fai una vita più equilibrata. (Le tremano le mani)

Drammaturga:

Facevo già la scrittrice quando contavo i barattoli di marmellata. Iniziavo da sinistra e li contavo fino al ribes dell’estrema destra, poi li giravo con le etichette per dritto e li mettevo in ordine di annata e di stagione. Le arance dopo le albicocche, le albicocche sono a luglio, le arance d’inverno il ribes fine agosto. Certi ragni nel ribes!

Da quando ho cominciato con gli oligoelementi di Litio giuro va molto meglio.

(Il regista sta leggendo)

Regista:

Questa la toglierei, dopo che lascia la madre lo metterei che si masturba nella vasca da bagno

Attore che si autoproduce:

E poi mettiamo la musica dei Duran duran. E verrà giù il teatro. Basta, noi siamo meglio di questi raccomandati dei teatri stabili! Sarà un successo che ci consacrerà. Io me lo sento. Me lo ha detto il cartomante. Mi ha detto: te vai incontro a un grande successo o a un grande fallimento.

Drammaturga:

Le grandi imprese sono sempre estreme.

Regista:

Scusa, anche questa scena… no, è bella… però rallenta. E poi dove li troviamo i polli?

Drammaturga:

(La drammaturga è molto convinta)

Era per far capire la profondità del salto emotivo.

Regista:

(Sorseggiando lo sbagliato)

No, ma bisogna dargli una struttura.

Attore che si autoproduce:

Ma sì, i polli in scena! Ottimo: quell’ altro ha fatto un’aragosta alla brace ed è diventato famoso, quello… come si chiama? Te come regista ti rifarai della pessima critica, peraltro scandalosamente immotivata, che hai avuto l’anno scorso al tuo spettacolo!

Drammaturga:

Chi è che l’ha stroncato?

Regista:

(Agitando lo sbagliato)

Nessuno m’ha stroncato.

Attore che si autoproduce:

Non è stato stroncato.

Regista:

I polli van tagliati.

Drammaturga:

Quella scena mi avevi chiesto tu di scriverla!

Regista:

E che ti devo dire, eh? Non funziona, non è un contadino, lui è un uomo politico.

Attore che si autoproduce:

La parodia di Berlusconi

Drammaturga:

Ma cosa c’entra Berlusconi?

Attore che si autoproduce:

Come “cosa c’entra”, ma eravamo d’accordo o no ieri?

Regista:

Ancora? Abbiamo detto che dobbiamo avere un riferimento, Berlusconi è il modello dell’uomo di potere.

Attore che si autoproduce:

(Sorseggiando lo sbagliato)

La satira tira molto.

Regista:

Ne dobbiamo parlar di nuovo? Se c’erano problemi lo scrivevo io il testo.

Attore che si autoproduce:

Io ho coraggio di fare nomi e cognomi. Silvio e Berlusconi. Hai visto? Silvio e Berlusconi. A me non mi fa paura nessuno. Nessuno! Il testo lo voglio scritto da una donna: è ancora più sconvolgente: una donna che parla di politica!

Drammaturga:

(Sorseggiando lo sbagliato)

Sì, sì avete ragione, in effetti. E’ solo che non mi è ancora chiaro, e poi i Duran Duran non li ho mai sentiti.

Attore che si autoproduce:

Come? Loro sono la storia della musica! E’ un accostamento bestiale! La gente entra pensando di vedere la solita pizza in costume e parrucchino e invece no! Lo spettacolo si apre con Perfect Day, l’inno alla droga!

Regista:

(Sorseggiando lo sbagliato)

Sì, io pensavo a un repertorio più classico.

Attore che si autoproduce:

Ah, no, mi dispiace, ma io ai Duran Duran non rinuncio, questa è l’unica imposizione che metto come produttore. Te ci puoi mettere anche la vasca da bagno, io voglio i Duran Duran, lei ci vuole l’ombra della madre, bisogna rispettare un po’ tutti.

Drammaturga:

Senza l’ombra della madre non si capisce un cazzo. Ai polli rinuncio, ma la madre è la madre…

Attore che si autoproduce:

Eh, c’ha ragione. E dopo che è iniziato così la gente sarà sbalordita, salterà dalle sedie! E noi cosa gli mettiamo?

Finale con Save a Prayer, inno generazionale. Gli anni 80 sono finiti, è finita l’illusione dei tempi d’oro. E’ finita l’era dei papponi che si chiudono nei loro teatrini!

L’unione fa la forza. Loro sono mafiosi? Faremo noi la nuova mafia teatrale. Si faranno lavorare solo gli amici!

Io c’ho già un debito di cinquantamila euro, lui di ventimila che s’è rovinato per via di quello stronzo lì che ha scritto per massacrarlo, volutamente. I critici vanno sempre contro ai giovani registi.

Regista:

Giovane… parla per te! E poi la critica. Quale? La critica non esiste!

Attore che si autoproduce:

E’ che ci tocca dipendere dalle famiglie fino ai quarant’anni a noi artisti. Lo sai cosa mi ha detto mio padre? Mi ha detto ferma quella macchina succhia soldi che è la tua associazione culturale. Ma io no! Duro. Io voglio combattere. Noi non ci arrendiamo. Voglio vederli saltare in aria!

Drammaturga:

(Sorseggiando lo sbagliato e pensando a quando diventerà famosa e le critiche diranno: l’attore è cane, ma il testo è meraviglioso)

Sei un grande, se non ci fossi tu.

Attore che si autoproduce:

(Attore che si autoproduce, sentendo la chiara ammirazione da parte della compagnia)

Capite perché i Duran Duran?

Drammaturga:

Non li ho mai sentiti, se me li fai sentire magari mi piacciono.

Regista:

Lo ambientiamo negli anni ottanta allora?

Attore che si autoproduce:

(Sorseggiando lo sbagliato fino a metà bicchiere d’un fiato)

Certo! Anche per i costumi, Gli anni ottanta sono il New Romantic ricordi? Cosa di più vicino al 1700?

Drammaturga:

Io negli anni ottanta ci sono nata…

Regista:

(Il regista la vorrebbe vedere in ginocchio e gioca la carta dello “Sprezzante maledetto”)

Ah, ma allora non ne sai niente!

Attore che si autoproduce:

Ma sì, di sicuro la sa l’aria che si respirava!

Drammaturga:

Ho imparato a camminare, ho fatto l’asilo e poi le elementari. Mi ricordo soprattutto Raffaella Carrà e bim bum bam…

Regista:

Sarà dura!

Attore che si autoproduce:

Ma lei è la nuova promessa della drammaturgia. Ha vinto il premio Salerno.

Drammaturga:

No, veramente sono finalista.

Attore che si autoproduce:

Ma lì è tutt’un imbroglio!

Drammaturga:

Ma no, io sono una sconosciuta davvero…(Sorseggiando lo sbagliato) L’hai letto alla fine il testo, te l’ho mandato…

Attore che si autoproduce:

(Scolando lo sbagliato)

No ma a me mi è bastato quel racconto che mi hai letto “Il suo non-culo” quello è talento!

(Guardando il non-negroni) Ne prendo un altro. (Alzandosi) Comunque lo leggerò.

Regista:

(Il regista, vedendo che “Lo sprezzante maledetto” non la intimidisce, prova a fare lo stronzo)

Sì, è che ci puoi aver talento, ma se non c’hai il mestiere non vali niente.

Attore che si autoproduce:

(Fermandosi sulla soglia dell’ingresso al bar) E’ per questo che ho chiamato te a far la regia, te c’hai mestiere!

Uno che avrebbe detto? Faglielo scrivere a lui, visto che è anche drammaturgo. Invece no! Io voglio l’unione! L’unione fa la forza! E sotto ci scriviamo: “Premio Enrico Maria Salerno”!

Drammaturga:

Ma se sono finalista!

Attore che si autoproduce:

Infatti non scriviamo vincitrice, capito? Mettiamo solo l’egida del premio. Che ci capisce la gente? (Entra nel bar)

Regista:

Domani vado a prendere la vasca da bagno in discarica.

Drammaturga:

Ma per quale scena?

Regista:

Quella dell’infermiera, pensavo che era tutt’un suo sogno erotico mentre si sta facendo un bagno.

(Sorseggiando lo sbagliato) Non è che voglio cambiare la tua scena, è scritta bene, ma pensavo che invece che farglielo raccontare lo mettiamo che si… che si… (Fa segno di masturbarsi)

Drammaturga:

Ma così non si capisce!

Regista:

Impara ad accettar la critica, (Sorseggiando lo sbagliato) non si piange per la critica! (agitando lo sbagliato) e chi ti stronca con la critica? (Rovesciando lo sbagliato) nessuno ti ha mai stroncato!

Drammaturga:

La critica deve essere costruttiva.

Attore che si autoproduce:

(Da dentro al bar, sognando suo padre che gli chiede scusa)

La critica s’inginocchierà.

Regista:

Basta prendere il concetto, l’eros, è quella la storia! Non bisogna essere didascalici, elimina le didascalie (Elimina…tua sorella!)

Drammaturga:

Mi sembra una buona idea.

(Sei una venduta)

Attore che si autoproduce:

Io c’ho due produzioni in stagione! (Tornando col suo secondo sbagliato)

L’anno prossimo ti produco io il tuo testo: Jazz chat

Drammaturga:

Jazz pub

Attore che si autoproduce:

Sì, penserei a un titolo più accattivante. Quest’anno ancora m’è toccato d’affittare la sala, ma poi vedrai, andrà bene e ci facciamo una tournèe e sai quanti soldi ti prendi te, senza far più nulla! E io finalmente avrò la mia consacrazione sull’altare del teatro. Il denaro, la gloria, la redenzione!

Drammaturga:

A proposito di depositare…

Regista:

Non fa bene riflettere troppo. Neanche troppo poco. Si scrivono cose melense. Un giorno ti devo dare alcune indicazioni. Sentiamoci nel week end.

Drammaturga:

(La drammaturga vorrebbe comprare la sciarpetta in seta indiana)

Ma per quei soldi…

Regista:

Aspettiamo di vedere in percentuale quanto ci ha messo ognuno, anche lui come attore.

Attore che si autoproduce:

E’ proprio vero

Drammaturga:

(Sorseggiando lo sbagliato)

Ma li hai promessi a me!

Regista:

(Sorseggiando lo sbagliato)

Li hai promessi a lei?

Attore che si autoproduce:

(Sbagliando a sorseggiare)

Eh?

Drammaturga:

Quello è il mio sbagliato!

Attore che si autoproduce:

Scusa, ho sbagliato.

Regista:

(Il regista fissandolo in cagnesco)

Attore che si autoproduce:

Ha ragione, se devo proprio essere onesto, scusami, io come produttore, ho promesso il cento per cento a lei.

Regista:

Non ne hai parlato con me! Se poi mi tocca di scriverle a me certe scene!

Drammaturga:

Ma i diritti…

Regista:

Quali diritti?

Drammaturga:

I miei diritti…

Regista:

Diritti di chi? Guarda che io prima che si rappresentasse un testo mio ci è voluta una vita … si è sempre divisa la siae…

Attore che si autoproduce:

Ma noi gli facciamo un culo così! E vedrai che lei farà un capolavoro!

Drammaturga:

Sì ho un po’ di idee… sono più tranquilla, ora.

Regista:

Hai scoperto che non ti va più di far l’attrice, e già vuoi guadagnare come drammaturga.

Attore che si autoproduce:

Giusto!

Regista:

Cosa?

Attore che si autoproduce:

Mandarli tutti a quel paese, gli attori!

Il mondo degli attori è una cosa oscena! Tutti alcolizzati nei camerini. Certi cani che si danno le arie! Tutti che se la tirano, “Io ho lavorato con questo, io con quello”!

Drammaturga:

Mamma mia. Io ho cambiato vita! Basta fare i provini che ti devono sempre toccare il culo. Sono stanca di farmi toccare il culo! Sembra che i registi non scopino mai!

Regista:

Quali?

Attore che si autoproduce:

Altro che, se lo fanno! Eh, so io come lavorano certe qui a Milano. Non faccio nomi perché sono un signore. (Sorseggiando il secondo sbagliato) Anzi, certi è proprio perché non acchiappavano nella vita vera che poi fanno i registi! Nelle grandi produzioni è diverso. Io sono stato un grande attore cinque anni fa. Cinque anni fa mi recensivano su repubblica, cinque anni fa avevo denaro, abitavo in centro a Roma! Io ho lavorato con Albertazzi! (Glielo hanno presentato un giorno al bar) Altro che attricette!

Drammaturga:

(Iniziando a sentire l’esaltazione alcolica e perdendo l’effetto benefico degli oligoelementi di Litio)

Io ho lavorato un anno a Milano! Ma io non ci sto, in ginocchio non ci sto ancora! Basta, io non ne potevo più quei puzzoni di registi che toccano i culi o ti vogliono riaccompagnare a casa!

Regista:

Ma chi?

Attore che si autoproduce:

Non facciamo nomi.

Drammaturga:

Per fortuna adesso che scrivo non mi succederà mai. C’è più rispetto se fai la scrittrice, più professionalità. A Roma un produttore di cinema mi ha fatto togliere le scarpe e voleva leccarmi gli alluci dei piedi

Attore che si autoproduce:

E tu? L’hai mandato al diavolo?

Drammaturga:

No, sai, è un produttore…

Regista:

(Superman)

La prossima volta chiami me e vengo io. Chi è?

Attore che si autoproduce:

Non facciamo nomi.

Drammaturga:

Poi tentava di baciarmi e io volevo andarmene. Mi sono chinata a riallacciarmi i sandali e lui…

Regista:

No!

Drammaturga:

Mi ha dato una pacca sul culo e mi ha detto “stamme in campana”

Regista:

Poteva andar peggio! Chi è?

Attore che si autoproduce:

Non facciamo nomi.

Comunque che vergogna, che porcheria! Ma noi faremo degli articoli di denuncia contro questi registi tocca-culi. Che poi si producono tra di loro! E certe schifezze… E’ tutta una roba politica. Ma io sono esasperato da questa società corrotta, corruzione e mafia in ogni angolo! Mi manca il respiro in questa città! Io pretendo il mio spazio, la mia visibilità!(Riesce a finire il secondo sbagliato, purtroppo per lui.) Voglio mettere giù i nomi, fare uno scandalo!

Drammaturga:

Che merde. (Non riesce a finire il primo sbagliato per fortuna per lei) Mi volevano sempre mettere in ginocchio. Io in ginocchio non ci voglio stare! Quando facevo l’attrice preferivo i registi gay.

Attore che si autoproduce:

Io preferisco quelli normali.

Regista:

Noi siamo normali.

Attore che si autoproduce:

Basta con le vecchie compagnie che monopolizzano i grandi teatri!

Ci sarà l’ acclamazione per noi! Sarà la critica a inginocchiarsi stavolta! Avremo anche noi il sipario in velluto rosso.

Regista:

(Il regista fissando la drammaturga da un paio di minuti sperando che lei lo guardi, lo consideri, gli dia un segno di riconoscere la sua esistenza, un qualcosa…!)

E’ tardino…

Attore che si autoproduce:

Stasera, guarda un po’, non mi va di stare solo. (Sperando che qualcuno voglia bere ancora)

Regista:

(Il regista dando fine allo sbagliato della drammaturga)

Oh, allora io devo andare. La discarica apre presto domattina e i pezzi migliori van via subito.

Attore che si autoproduce:

Sì, andiamo.Stanotte dormo sul divano, c’ho da finire di vedere la trilogia della principessa Sissi. (Tirando fuori il portafoglio, sperando che qualcuno lo fermi) No, lasciate che offra io! Offro sempre io!

Drammaturga:

Ma no, dai, pago il mio…

Attore che si autoproduce:

Le femmine non pagano!

(Entra nel bar a pagare)

Drammaturga:

Allora, dici che ce la farò a scriverlo?

Regista:

(Finalmente solo con lei)

Eh hai bisogno di imparare un po’ il mestiere, ma … mi piaci, sei ironica. E’ solo che…manchi di una struttura, per ora. E’ una roba che si apprende con l’esercizio. Hai bisogno di essere… è come quando impari ad andare in bici, che all’inizio devono tenerti per il sellino…

(A lui piacerebbe tenerla per il sellino)

Attore che si autoproduce:

(Rientrando)

Allora, fatto!

Regista:

(Odiandolo)

Allora grazie.

Drammaturga:

Grazie, grazie.

Attore che si autoproduce:

Figurati. E’ il minimo. Che cattivo sapore lascia lo sbagliato, sembra…di banana marcia, come gli ansiolitici. Volete una caramella al limone?

Drammaturga:

Ho a casa la marmellata al limone. La mamma ha fatto la marmellata al limone coi limoni di Sicilia. La marmellata di Limoni 2007. Devo ancora mettere le etichette. Limoni 2007.

Regista:

Gliele scrivi tu le etichette?

Drammaturga:

(Odiandolo)

Sì.

Attore che si autoproduce:

Allora…(Sperando che qualcuno lo fermi) Io piglio il taxi.

Drammaturga:

Ciao. Io vado a piedi, abito vicino

Regista:

Io ho la macchina all’angolo.

Attore che si autoproduce:

A domani, alle dieci sarò pronto! (Sperando che qualcuno lo fermi) Caffettino brioscetta e si comincia! Sono emozionato, non ci dormirò! Devo prendere un sonnifero. Dieci sonniferi! Venti! Devo spegnermi con qualcosa, devo sfogarmi o calmarmi! Non so se dormire o morire, stanotte! (Sperando disperatamente che qualcuno lo fermi) E’ shakespeare…

Drammaturga:

(Baciandolo sulla guancia)

Ciao. Buonanotte.

Attore che si autoproduce:

(Fingendo di toccarle il culo)

Stamme in campana! (Ridono) Ci hai creduto? No, vero? Io sono un signore!

Regista:

Studia la scena del risveglio

Attore che si autoproduce:

La so già! Un po’.

(Se ne va via senza taxi, sapendo di aver mentito, pensando che nessuno lo ha fermato)

Drammaturga:

Ciao!

(Improvvisamente pensa al pianerottolo di casa sua, alla luce al neon e alla sua camera: il letto singolo con i pupazzetti della trudy e due bambole senza occhi.)

Comunque mi piace far la scrittrice è sempre stata la mia passione.

Regista:

Ci vogliono anni, lavoro, esperienza, poi vedrai che imparerai anche il mestiere. La passione non basta mai.

Allora, ti accompagno a casa? (Le tocca il culo. Buio)