IL TUTOR
DAVIDE CARNEVALI
La seconda tappa del laboratorio è iniziata con un breve report da parte dei partecipanti sull’attività svolta durante i dieci giorni che sono intercorsi tra la prima e la seconda residenza, in cui ciascuno ha informato i compagni sulla direzione che sta prendendo il proprio lavoro. Ci siamo interrogati su come il testo si faccia mediatore di un rapporto che si stabilisce fra autore e spettatore; e siamo inevitabilmente finiti a parlare del ruolo da mediatrice tra autore e spettatore che conserva la critica, in particolare per quanto riguarda l’attenzione riservata all’aspetto drammaturgico nell’analisi di uno spettacolo. Questo ci è servito da spunto per affrontare il grande argomento del linguaggio.
Innanzitutto, in relazione alla retorica politica e allo stereotipo nelle narrazioni giornalistiche; poi, naturalmente, in relazione alla scrittura per il teatro: quale linguaggio usare per parlare dei temi di cui vogliamo parlare? Quale forma è più consona per veicolare determinati contenuti? In seguito, ogni partecipante ha proceduto alla lettura dei propri materiali, presentando le nuove scene ed esponendo le modifiche apportate a quelle già presentate durante la prima residenza. Il secondo giorno si è aperto con un dibattito su dramma e tragedia, e soprattutto sul potere delle narrazioni nell’influenzare la percezione del reale da parte dello spettatore. Abbiamo discusso approfonditamente della responsabilità etica che l’autore assume su di sé nel momento in cui, con la sua scrittura, decide di contrastare o riaffermare una determinata presa di posizione sullo status quo.
Nel pomeriggio gli autori hanno lavorato individualmente, intervenendo sul materiale prodotto a partire dai suggerimenti pervenuti loro dei compagni. Nello stesso, tempo, si è svolta una sessione di tutoraggio one–to–one con i partecipanti che lo hanno richiesto. Durante questa fase del lavoro gli autore hanno definito la struttura dell’opera, attraverso una sorta di scaletta che è stata messa in comune il terzo giorno. Prima di lasciarci con la promessa di ritrovarci con una prima bozza del testo completo a fine agosto, abbiamo dedicato tempo a riflettere sul senso del nostro lavoro di creatori, nel formare nel pubblico un determinato gusto per il teatro, che sia inteso come mezzo di riflessione e intrattenimento. Queste occasioni di discussione di gruppo si rivelano decisamente interessanti, e questo è dovuto soprattutto alla capacità di tutti i partecipanti di intervenire con apportazioni utili, ricche di spunti diversi proprio perché diversa è l’estrazione, il background e l’approccio alla pratica teatrale di ogni singolo.
GLI AUTORI
MARCO GROSSI
Si è conclusa anche la seconda fase di incontri, sempre presso la Residenza I.Dra, in quegli spazi che ormai hanno un po’ il sapore di casa. Siamo entrati nel vivo del lavoro, abbiamo affrontato tutti i dubbi e le incertezze legati ai diversi progetti. Ognuno ha avuto modo di esporli e analizzarli, confortato dal sostegno del gruppo e di Davide, che sono sempre stati molto generosi nel proporre soluzioni, idee e nuovi dubbi (santi dubbi, grazie di esistere). Porto a casa un prezioso fagotto di parole, immagini e suggestioni su cui riflettere e da cui sicuramente potrò trarre linfa utile a dare miglior corpo al mio progetto. Grazie a tutti e a presto.
RICCARDO TABILIO
Seconda tappa: sempre Brescia, sempre noi. La drammaturgia – dicevo nello scorso diario di bordo – non è più un’arte solitaria, ma è ancora certamente una disciplina estrema. Alpinistica. Ha tempi lunghi, da maratoneti (beati gli aforisti!) e, dato che è ambiziosa, impone a chi la pratica di seguire strade non battute, impervie. Gratifica di rado l’atleta durante il percorso, perché la fine – la cima – non è quasi mai visibile durante il processo creativo. Si procede alla cieca, si intentano strade che si rivelano sbagliate o impraticabili. Si torna indietro, ripetutamente, a volte al punto di partenza. La possibilità di confronto tra noi autori a metà della salita si è rivelata e si rivela importantissima. Anche se stiamo seguendo sentieri diversi, ci interessiamo agli altri percorsi come se fossero i nostri, ascoltiamo e proponiamo le nostre idee. La residenza si rivela un’occasione di scambio, oltre che con Davide, sempre lucido e accurato, anche tra noi autori.
E anche questa è una cosa preziosa.
FABIO PISANO
Il secondo step, la seconda residenza è stata, sulla scia della prima, molto fertile; si è proceduti col confronto tra noi cinque, insieme a Davide, sugli eventuali progressi o elucubrazioni circa il proprio processo creativo. C’è stato spazio per confrontarci, per discutere e per pensare. Sia collettivamente, che singolarmente. La scrittura è a buon punto, più o meno per tutti, e questa seconda residenza ha consolidato ancor di più la grande necessità di parlare del proprio lavoro con i colleghi, di poter far ascoltare e quindi ascoltare.
FABIO MARSON
Se la prima residenza è stata simile a un menu degustazione, in cui davanti ai nostri occhi hanno sfilato i vari sapori che i nostri testi avrebbero potuto offrire, la seconda residenza è stata decisamente una portata principale. Un bel primo piatto sostanzioso. Dopo aver saggiato le diverse possibilità ed essermi fatto un’idea del percorso che avrei potuto intraprendere con il mio racconto, in questi giorni mi sono sfregato le mani e ho iniziato a lavorare di scaletta, che è in assoluto il momento creativo che temo di più. Con il sostegno di Davide e dei miei compagni, ho perciò delineato i punti principali, gli snodi e i twist, rendendomi presto conto di nuove possibilità che se ne stavano acquattate tra le righe. Fossi stato da solo, sarebbe stato un problema: il rischio confusione era altissimo. Per fortuna ero in buona compagnia. Alla fine, dopo aver scritto e riscritto, qualcosa è venuto fuori: un piccolo burattino di legno che potrà presto camminare sulle proprie gambe e diventare un testo vero.
JACOPO GIACOMONI
Ci siamo rivisti dopo dieci giorni e abbiamo affrontato soprattutto questioni strutturali – che forma ha il nostro testo, come si bilanciano le scene, come si distribuiscono le informazioni – ma non ho mai avuto la sensazione di trattare materia inerte, di condividere e acquisire pacificamente “Tecniche per la corretta costruzione di una drammaturgia”. Abbiamo affrontato insieme le criticità di ogni lavoro ricordandoci sempre della responsabilità che comporta porre le basi di uno spettacolo teatrale. Non si è mai, insomma, discusso un come senza insieme discutere un perché. Ci siamo inoltrati nel grande cortocircuito della narrazione: raccontare – e rappresentare – gli eventi li modifica e li produce a sua volta; ogni narrazione utilizza stereotipi anche quando vuole contrastarli; non c’è innocenza nell’atto di narrare; non siamo inconsapevoli davanti alle conseguenze delle nostre narrazioni, caso mai conniventi.